Festival Biblico, Tarquinio: «Alla democrazia serve un nuovo inizio»

Re-inizio è stata la parola chiave utilizzata dal direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, nell’incontro di ieri nei locali della RSA Civitas Vitae “Angelo Ferro” di Padova, sul tema “La democrazia al tempo delle grandi sfide”, nell’ambito della diciassettesima edizione del Festival Biblico 2021, intitolata “siete tutti fratelli (Mt 23,8)”, il progetto di Diocesi di Vicenza e Società San Paolo, quest’ultima rappresentata in sala dal presidente don Ampelio Crema. Un re-inizio inteso da tutti come ancora più doveroso dopo che la pandemia ha spazzato molto delle nostre certezze.

L’evento padovano, promosso dal quotidiano di ispirazione cattolica, assieme all’Ucid (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti) locale, ha visto, confrontarsi con Tarquinio, Dario Fabbri, giornalista di Limes (in collegamento video), entrambi sollecitati dalle domande dalla giornalista di Avvenire, Lucia Capuzzi, che ha introdotto ponendo l’accento sulla democrazia come «realtà in forte crisi. A lungo è stata un sogno, poco più di un’idea – ha detto -, poi qualcosa per cui combattere e, oggi che c’è, è molto discussa».

Nell’ora di dialogo, sono stati posti sul tavolo i punti di forza e di debolezza degli stati che si dichiarano democrazie. Ma, prima di tutto, Fabbri ha inteso fare un chiarimento. «Dobbiamo relativizzare il concetto di democrazia, che noi riteniamo universale, ma che di universale non ha quasi nulla. La democrazia è un’invenzione tremendamente occidentale. Risulta difficile parlare di democrazia in altri contesti senza essere tacciati di colonialismo». Pur riconoscendo la fatica «di costruire un alfabeto condiviso dei diritti», Tarquinio ha invitato a tenere conto anche dei semi di speranza, come il documento sulla fratellanza firmato ad Abu Dhabi da papa Francesco e il grande imam al-Azhar. «Non credevo che avrei visto nella mia vita un evento di questa portata, un impegno esplicito tra cristiani e musulmani per la costruzione della pace, soprattutto dopo i vari episodi di radicalizzazione a cui avevamo assistito». Un importante passo avanti per quanto attiene alla convivenza comune, ma il problema della democrazia e della sua interpretazione, resta. Anche qui va fatto un distinguo. «I paesi puramente democratici – ha spiegato Fabbri – sono i paesi minimalisti, come l’Italia, come la Spagna, che credono meno nell’imporsi sugli altri. I paesi massimalisti, con grandi ambizioni, non possono essere pienamente democratici. Gli Stati Uniti che si definiscono la “patria della democrazia”, puntano a dominare il mondo da molti decenni, pertanto non siamo di fronte ad un sistema democratico come lo intendiamo noi in Europa». «In Italia, invece, – ha concluso Tarquinio -, la democrazia è quella vera, quella che sposta voti ad ogni elezione, che permette nel giro di pochi mesi di far germinare nuovi leader, così come di farli scomparire. Da noi le cose accadono anche per scelte umorali, chi ha in mano le televisioni o sa utilizzare i social, può trascinare qua e là milioni di persone. Dove sta la crisi? In una democrazia che invece di affrontare i temi in maniera seria, usa slogan e caricature, pensiamo a come in questi giorni viene strumentalizzato il ddl Zan. In una politica che strozza il dibattito nel nome della disciplina di partito. In politici sempre più distanti dalla gente, dalla vita reale. I partiti servono, ma vanno organizzati secondo criteri nuovi. Soprattutto servono pensieri lunghi, bisogna ritornare alle idee di giustizia, di fraternità, di bellezza, di bontà, di ciò che è buono per sé e per gli altri contemporaneamente.

La pandemia è stata una randellata per tutti, ci ha fatto capire che non siamo soli al mondo, che se non facciamo accordi almeno con i vicini, andiamo a sbattere contro un muro. La democrazia è bella, ma va custodita».

© RIPRODUZIONE RISERVATA 2023 Romina Gobbo

pubblicato su Avvenire – sabato 26 giugno 2021 – pagina 21

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