«L’acqua è vita, e se smette di scorrere?»

Dalle parole di chi lavora sulle sponde del Po, nelle valli montane e sui laghi, agli esperti di idrologia e del clima, la preoccupazione cresce a vista d’occhio. «È un fenomeno drammatico non solo per l’agricoltura, ma per tutti noi»

Ferve l’attività al bar Chiosco dell’Isola di San Biagio. I gestori, per la prima volta, hanno deciso di aprire anche d’inverno. E la scelta sembra essere premiante. Già dal mattino gli avventori non mancano: famiglie con seggiolino e cane al seguito, curiosi con teleobiettivi, camminatori, coppie di tutte le età, provenienti non solo dai dintorni, ma anche da Milano e Venezia. Le previsioni restano buone. Bene per gli affari, male per l’ambiente. La piccola isola nel comune di Manerba (Brescia), che sorge nel lago di Garda – più basso di almeno 60 centimetri rispetto all’anno scorso -, è diventata un’attrattiva. Normalmente la si raggiunge con il barchino-taxi, ma in questi giorni ci si può andare a piedi: la siccità che sta colpendo soprattutto il Nord-Est, ha fatto infatti riaffiorare un istmo di terra che collega la riva all’isola, nota anche come Isola dei Conigli. Non è la prima volta che accade, ma di solito succede in estate. Gli anziani però ricordano che ci fu un anno in cui l’istmo era ancora più esteso, tanto da poter essere percorso con l’auto. Chissà se i ricordi sono reali o sfuocati dalla nebbiolina che tutto avvolge e che rende il panorama suggestivo, dando allo stesso tempo un senso di decadenza.

«I cambiamenti climatici incidono sulla disponibilità di acqua del nostro Paese – spiega Francesco Vincenzi, presidente Anbi (Associazione nazionale consorzi di gestione e tutela del territorio) -. Se fino agli anni 2000 registravamo una siccità ogni 15-20 anni, dal 2000 a oggi abbiamo contato le otto siccità più drammatiche da quando disponiamo di dati. Non si tratta più di una questione emergenziale, ma strutturale, che va gestita con una pianificazione. Assieme a Coldiretti, abbiamo ideato un piano invasi e un piano laghetti, con l’obiettivo di passare dall’attuale 11% al 50% di pioggia trattenuta. Si tratta di oltre 10mila laghetti su tutto il territorio nazionale, di cui 423 progetti pronti a partire. Servirà un miliardo all’anno per dieci anni. Sembra una cifra enorme ma, se consideriamo che nel 2022 la nostra agricoltura ha subito danni per sei miliardi di euro, direi che l’investimento previsto è assolutamente possibile».

«Quest’estate volevano fare un evento proprio qui sulla sabbia», sorride Fabio Guatteri, “nato” sul Po, che oggi lavora presso gli impianti del Consorzio di bonifica dell’Emilia Centrale, che sorgono a Boretto, Reggio Emilia. Appena arrivati, ci troviamo davanti una montagna di sabbia dovuta all’erosione del letto del fiume e che in parte lo ostruisce. «A breve cominceremo il lavoro di riporto, faremo trasportare la sabbia più a valle, in modo da ripulire il canale e far lavorare le pompe per la distribuzione dell’acqua a uso irriguo, che è il nostro servizio principale – aggiunge Domenico Turazza, direttore del Consorzio -. Garantiamo l’acqua a un comprensorio di duecentomila ettari, tra la provincia di Reggio, quella di Modena e tutto l’Oltrepò mantovano, per lo più vocati alla produzione del Parmigiano Reggiano e del Lambrusco».

Ci troviamo sotto il ponte di Viadana, che collega Boretto a Mantova, quasi al centro del fiume più grande d’Italia, dove l’acqua dovrebbe essere copiosa, invece camminiamo su brandelli di terra. «Normalmente il Po scorre a diciotto metri sul livello del mare, siamo sotto di due – riprende Turazza -. Si tratta di un livello tipicamente estivo. In verità, a febbraio per il Po è periodo di magra, ma l’eccezionalità attuale è data dalla lunga durata del periodo di siccità. Per invertire la tendenza, bisognerebbe che piovesse almeno per un mese. La scorsa estate, quando ugualmente ci fu penuria d’acqua, abbiamo lavorato a regime ridotto, distribuendo il 50-60% del potenziale, riuscendo così a servire tutto il comprensorio senza troppi disguidi».

«Mia mamma qualche giorno fa ha avuto un malore. L’ha recuperata l’idroambulanza del 118. il mezzo, però, a un certo punto non è più potuto proseguire a causa del fondale basso. Mamma ha percorso gli ultimi due ponti che la separavano dall’ospedale trasportata a braccia e su una sedia cingolata». Saverio Pastor costruisce remi da 47 anni vicino alla Salute. In tanti anni ha visto cambiare la Laguna di Venezia, ma un periodo così lungo di alta pressione a basse maree, con i canali più piccoli in secca, non lo ricorda. 

Pochi minuti di barca separano la riva veneta del Po da quella emiliana. Di qua Ficarolo (Rovigo), di là Stellata (Ferrara). Chi deve transitare, si rivolge a Stefano Marca, soprannominato Sandokan. Con il barchino, solca le acque, raccontando il fiume. Lui e la moglie Cinzia Cervellieri hanno acquistato dieci anni fa una chiatta in cemento, base delle loro attività. Ma da allora il livello del fiume si è abbassato di cinque metri. È affiorato anche un carro armato. Quest’estate una lunga striscia di terra ha creato una spiaggia naturale. Stefano ha dovuto aprirvi un varco per permettere il passaggio dei pesci. Filosofeggiando dice: «Il fiume è vita. Scorre come la vita. E se smettesse di scorrere?»

© 2023 Romina Gobbo 

pubblicato su Famiglia Cristiana – domenica 19 marzo 2023 – n. 12 – anno XCIII – pagg. 30, 31, 32, 33

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