La Madonna del Pilastrello ci conforta donandoci il figlio

«L’effigie è nera probabilmente a causa del legno di cirmolo e del fumo», spiega padre Christopher Zielinski, abate del monastero. «Forse fu chiamata così dai soldati spagnoli impegnati nella Lega Santa che soggiornavano qui, perché assomiglia alla Madonna del Pilar di Saragozza, patrona di Spagna. È piccola, ma ha gli occhi spalancati sul cuore dell’umanità. Chi arriva, resta in silenzio, sentendosi accolto. Questo grembo, che è stato riservato per la Parola di Dio in modo misterioso, si apre e Lei diventa la Mamma Celeste, una madre tenera, attenta, premurosa. Allo stesso tempo, porge il piccolo Gesù». Un richiamo potente che attira anche stranieri e persone di confessione islamica.

Con la veste bianca per venerare la Madonna Nera. «Questo bianco ha un significato particolare, perché il nostro fondatore, san Bernardo Tolomei, aveva una forte devozione per Maria. In una visione, è maria che gli dona la Regola di san Benedetto. Perciò la congregazione cerca di vivere questo carisma in modo profondo. Prima di tutto, ogni monaco porta il nome di Maria, a cui segue il nome religioso o quello di battesimo. Siamo chiamati alla recita del Rosario una volta al giorno. Il sabato lo dedichiamo alla Madonna. Celebriamo solennemente tutte le feste mariane, in particolare il 16 maggio, data del trasporto in chiesa della Madonna, nel 1579, e l’8 settembre, nascita di Maria, con la devozione a Maria Bambina, che è la patrona della nostra congregazione».

A parlare è padre Christopher Zielinski, statunitense, abate e rettore della basilica santuario Beata Vergine del Pilastrello. Proprio per la particolare devozione alla Madonna, nel 1578 il Consiglio affidò ai monaci benedettini olivetani la custodia della basilica santuario di Lendinara (Rovigo), cittadina agricolo-industriale sulle sponde del fiume Adigetto. «In questo territorio polesano è come essere in Mesopotamia – riprende padre Zielinski -. Ci troviamo tra l’Adige e il Po. L’acqua ha sempre suscitato paura nella popolazione, che non ha mai completamente dimenticato l’alluvione del 1951. Ma la nostra basilica non è mai stata toccata. Per a gente non ci sono dubbi: è la Madonna che ci protegge».

Si tratta di un piccolo simulacro, alto poco più di trenta centimetri, che raffigura la Vergine come Madre e Regina, seduta in trono, con la corona in capo, mentre tiene in braccio il Bambino Gesù. «La Madonna è nera probabilmente a causa del legno di cirmolo e del fumo – continua il rettore -. Venne chiamata del Pilastrello probabilmente dai soldati spagnoli impegnati militarmente nella Lega Santa che qui soggiornavano, perché assomiglia alla Madonna del Pilar di Saragozza, patrona di Spagna. La statua è davvero piccola, ma ha gli occhi spalancati sul cuore dell’umanità, e sono davvero di grande impatto. Chi arriva, resta in silenzio, sentendosi accolto. Questo grembo, che è stato riservato per la Parola di Dio in modo misteriosi, si apre e Lei diventa veramente la Mamma Celeste, una mamma tenera, attenta, premurosa. Allo stesso tempo, offre suo Figlio. La statua fu rubata nel settembre 1981, e non fu mai più ritrovata. Ma già due mesi dopo, la copia realizzata dallo scultore Ferdinando Prinoth, veniva benedetta da Giovanni Paolo II. Dell’originale rimane solo la mano benedicente della Madre. È un bambino molto libero, pronto ad andare. La Madonna lo custodisce, lo protegge, ma non lo trattiene, lo dona a tutti noi».

L’attrazione verso Maria nel 2022 ha portato a Lendinara 32 pellegrinaggi, di cui uno proveniente da fuori Italia. «Negli anni ’50 molti cittadini emigrarono all’estero in cerca di lavoro, ma rimangono legati alle loro radici e alla loro storia familiare – racconta il priore, don Luca Boldrin -. Arrivano qui da Brasile, Argentina, America Latina, Francia, Germania, Stati Uniti. Il numero dei pellegrini non è mai preciso, perché non tutti quelli che entrano in chiesa si palesano, sappiamo che nel 2022 abbiamo distribuito 75mila ostie, 16mila in più dell’anno precedente. E ventitré coppie sono venute a ricordare il loro anniversario di matrimonio».

Anche se non si palesa, chi arriva lascia un segno, raffigurazioni votive, qualche riga di ringraziamento, una preghiera, dalle richieste più banali a quelle più intime. Teche e contenitori sono pieni: la protezione di Maria viene invocata soprattutto per i figli. «Una coppia viene qui in pellegrinaggio da Padova ogni quindici, venti giorni per chiedere la grazia per il figlioletto di nove anni che ha un tumore. Si appellano alla maternità di Maria», dice il priore. Di grazie e miracoli qui ne sono avvenuti tanti, ma nel cuore di tutti rimane quello che portò alla costruzione del santuario. Era la notte tra l’8 e il 9 maggio 1509, quando un temporale distrusse la casa di tal Giovanni Borezzo. Sulla facciata dell’edificio, in una nicchia era inserita la statua della Madonna. Unica “sopravvissuta” alle intemperie, fu ritrovata su una siepe. Si decise così di costruire un capitello per collocarla, che cominciò ad attirare curiosi e fedeli. «La devozione individuale di Borezzo era diventata ora una devozione pubblica», aggiunge padre Zielinski.

Nel 1576, la città fu colpita dalla peste. Il capitello necessitava di restauro. Per impastare la calce, i muratori attingevano acqua da una fonte vicina. Ma, ogni volta che si apprestavano a farlo, l’acqua diventava rosso sangue. Nel 1577, quando la peste cessò, venne deciso di costruire un tempio, a ringraziamento, e l’acqua della fonte fu incanalata in una vasca, dove si immergevano gli infermi per chiedere la guarigione. Quel luogo, detto il Bagno della Madonna, si trova ora in una cappella del santuario, e i “doni” che si sono susseguiti nei secoli, sono impressi nelle pareti. «Purificandosi con quest’acqua, il fedele chiede, per intercessione della Madonna, la remissione delle proprie colpe», dice il rettore.

Così l’acqua, tanto temuta dai lendinaresi, si è trasformata in occasione di salvezza. E, per la salvezza delle anime, c’è anche quello che viene definito l’”hospitale spirituale”, ovvero le Confessioni: tutti i giorni, dalle 8.30 alle 11.30 e dalle 16 alle 18.30. Oltre alla possibilità di indulgenza plenaria. Di proprietà del Comune, in custodia agli olivetani, il santuario è anche molto caro al vescovo Pierantonio Pavanello, «che ha un cuore profondamente mariano». E, quando meno te l’aspetti, ecco entrare in chiesa una mamma musulmana. Due bambini per mano, uno in braccio. Attratta dalla luce che emana la Madonna, attraversa velocemente la navata, e si pone al suo cospetto. La osservo. «Noi musulmani siamo devoti a Maria – mi sussurra -. Una sura del Corano è interamente dedicata a Lei. E io vengo volentieri ad affidarle i miei figli».

© 2023 Romina Gobbo 

pubblicato su Maria con te – domenica 9 aprile 2023 – pagg. 38, 39, 40, 41

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