Donne nel Mediterraneo medievale: storie di coraggio, sacralità e dolore

«Mamme, nonne, sorelle, insegnanti. Sono le donne che riempiono le nostre vite. Nessuna di loro è famosa, ma tutte hanno un impatto straordinario nella vita di chi sta loro vicino. È la straordinarietà della quotidianità. Se avviene oggi, non poteva accadere anche nel passato?» Parte da questa riflessione la
professoressa Isabella Gagliardi, associata di Storia del cristianesimo e delle Chiese all’università degli Studi di Firenze, per raccogliere storie di donne “anticonformiste” vissute nel Medioevo. È nato così Anima e corpo – Donne e fedi nel mondo Mediterraneo. Secoli XI-XVI, per i tipi della Carocci (pagine 304, euro 30,00). Un progetto che ha richiesto cinque anni dalla genesi alla conclusione, ma che in realtà è il risultato di anni e anni di ricerche. «Non essendoci una documentazione precisa, seriale, sono dovuta partire dai casi singoli per cercare di tracciare una visione d’insieme», spiega la Gagliardi; «donne comuni che non hanno accettato di piegarsi al volere degli altri. Mano a mano che procedevo nella ricerca, che mi ha portata in tutto il bacino mediterraneo, con delle incursioni un po’ più a nord, in Francia e Germania, e altre a est, Iran e Iraq, mi sono appassionata a queste vite, spesso avventurose, a volte anche
rocambolesche».
Tra le pagine si incontrano donne salariate nei cantieri edili, ma anche copiste, poetesse, donne che sapevano dipingere e miniare. Donne che si occupavano di imbellettare altre donne, antesignane delle nostre estetiste, e donne che acconciavano i capelli. Vendevano i loro servizi lungo la strada. Poi donne impegnate nei mestieri più tradizionali, come la tessitura, la cucitura, tutto quanto aveva a che vedere
con le stoffe. E poi esperte di saperi curativi, maestre, donne religiose che, anche se escluse dall’esercizio attivo della liturgia e del culto, trovarono comunque un loro compito sacrale, contrapposto a quello di streghe, maghe e fattucchiere, che pure sono presenti nel volume. Così come sono presenti le prostitute. Ma, più la donna era di condizione inferiore, e più era libera: «C’è sempre una maggiore libertà nei
poli estremi della società. Se sei molto in alto, sei protetta da relazioni importanti, che ti permettono di esprimere maggiore autonomia. Se sei a livelli molto bassi, sono le difficoltà che ti costringono a ricercare soluzioni. Accade anche oggi. Il mancato rispetto delle regole condivise è più facile ai due estremi della scala sociale».
Naturalmente, nella società medievale, la religione aveva un peso importante nel definire i ruoli, l’identità e il profilo morale delle donne. «Nel mondo cristiano, ma anche in quello ebraico e musulmano, la donna doveva essere sposa. La famiglia è la condizione considerata ideale. Una donna sola in questo tipo di società non viene compresa. Per la comunità cristiana, la donna può scegliere anche un altro tipo di matrimonio, cioè può divenire sposa di Cristo. Mentre lo spazio di solitudine è auspicabile per le vedove, alle quali non si consiglia di risposarsi», spiega la studiosa, che in questa lunga e complessa ricerca, è rimasta colpita da quella che oggi chiameremmo “intercultura”: «Che levatrici ebree andassero ad aiutare durante il parto mamme cristiane o musulmane era la norma, così come lo era che la nutrice ebrea accudisse bambini musulmani, o viceversa». Il libro, pur nella sua materia specialistica, risulta godibilissimo. E, per chi volesse approfondire, la bibliografia è varia e vasta.

© 2023 Romina Gobbo 

pubblicato su Avvenire - Agorà - sabato 17 giugno 2023 - pag. 19

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