A Padova si incontrano l’uomo e la natura

«Questa è la “sala della razza”. Negli anni ’50 l’antropologo Lidio Cipriani realizzò dei calchi facciali modellando il gesso direttamente sul volto delle persone prescelte, e utilizzando diversi colori della pelle. Lo scopo era classificare le diverse “razze” umane, rilevando differenze e affinità e sottolineando, così,
la superiorità dell’uomo bianco. Cipriani fu uno dei firmatari del Manifesto della razza (14 luglio 1938), convinto sostenitore dell’inferiorità dei popoli africani e della legittimità della conquista coloniale. Con questi reperti intendiamo spiegare che cosa furono le teorie razziste degli anni ’30, e che in alcuni Paesi sono durate fino a metà anni ’60. Poi, nel video e nei testi spieghiamo l’infondatezza totale di queste teorie. Questa sala è contro le discriminazioni, racconta una storia triste, ma che per noi, museo universitario, è bene ricordare, non rimuovere». Così Telmo Pievani, responsabile scientifico del restaurato
Museo della natura e dell’uomo di Padova, che trova sede nel complesso di Palazzo Cavalli (corso Giuseppe Garibaldi 39), ha illustrato una delle sale probabilmente più divisive, durante l’inaugurazione del museo, avvenuta lo scorso 23 giugno. Evidenziando l’unicità di questo progetto museale nel contesto europeo, Pievani ha affermato che «si è trattato di rivalorizzare un patrimonio storico ricchissimo, costruito nei secoli da esploratori e studiosi, frutto di ricerche e di generose donazioni».

«L’apertura di questo museo – ha spiegato Daniela Mapelli, rettrice dell’Università di Padova – chiude simbolicamente i festeggiamenti per gli ottocento anni del nostro ateneo. Si tratta del più grande museo universitario scientifico italiano, realizzato in oltre dieci anni di lavoro, con un investimento consistente di risorse (18 milioni di euro) e uno sforzo organizzativo enorme nel condurre, in parallelo, i lavori edilizi sul palazzo, i restauri di 3.200 reperti, le loro movimentazioni e, quindi, l’allestimento. Come ho avuto
modo di ricordare altre volte, non ha senso parlare di Padova e la sua Università. È molto più vero, invece, affermare che Padova è la sua Università, e viceversa. Un legame che rinsaldiamo, restituendo alla cittadinanza un percorso museale che, così pensato, non esiste altrove».

Il museo, sviluppato su tre piani, conta 38 sale per un totale di circa 3.800 mq, a cui si aggiungono una sala per le esposizioni temporanee di circa 300 mq, 700 mq di ambienti tecnici e di servizio, e altri 550 mq di uffici per il personale. Vi sono esposti più di 3.700 beni storici, di cui oltre 3.200 restaurati in vista
dell’esposizione, 25 modelli tattili nella sezione di zoologia, e conta 187 vetrine, oltre 90 multimediali ed exhibit, 80 pannelli di sala e altri 31 pannelli grafici a tutta parete. Il nuovo allestimento riunisce in un unico percorso espositivo i preesistenti Musei universitari di Mineralogia, Geologia e Paleontologia,
Antropologia e Zoologia, ed è arricchito da un intelligente apparato grafico, testuale e multimediale, che permette un’esperienza immersiva, e collega il passato con il futuro. «La fusione di quattro meravigliose collezioni storiche patavine garantisce al museo una dotazione di oltre 200mila reperti naturalistici
e antropologici, una parte consistente dei quali non era mai stata esposta prima – conclude Pievani -. Questi reperti originali e preziosi sono unificati e integrati nella cornice di una narrazione scientifica coerente, che inizia più di quattro miliardi di anni fa e arriva fino ai giorni nostri. Con focus sul pianeta
Terra come sistema in evoluzione, sulle diversità naturali e culturali, e sui rapporti tra la
specie umana e l’ambiente».

© 2023 Testo e foto di Romina Gobbo

pubblicato su Avvenire – Agorà – martedì 11 luglio 2023 – pag. 18


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