Il 29 agosto compio ottant’anni; me ne mancano altri ventiquattro per completare il mio lavoro su questa terra, poi andrò a scolpire nell’aldilà. Mi disse così Giovanni Paolo II». Il Papa polacco visitò il laboratorio di Carlo Balljana a Sernaglia della Battaglia (Treviso), e si riposò su una poltrona scolpita in legno. Diventando così, per un puro caso, l’immagine-simbolo di tutta l’opera di Balljana, i cui elementi predominanti sono il sacro e la natura. Entrare nel suo laboratorio è come immergersi in un’altra dimensione, dove cultura e fede si fondono. Devi muoverti con circospezione tra mobili, libri, quadri e sculture, perché tutto è prezioso. Ti giri e ti ritrovi faccia a faccia con Giovanni XXIII. Non fai in tempo a guardare la poltrona che ha accolto Wojtyla e alla tua destra compare uno specchio antico che rimanda l’immagine del busto di Benedetto XVI realizzato in occasione di un suo compleanno. Su una mensola campeggiano le medaglie della Giornata mondiale della gioventù donate a papa Francesco mentre, all’esterno, ecco una statua di Giovanni Paolo I, molto simile a quella realizzata dallo stesso Balljana e posizionata nel giardino della casa natale del Pontefice a Canale d’Agordo (Belluno).
Si capisce facilmente perché Balljana è conosciuto come lo “scultore dei Papi”. «Da Giovanni XXIII in poi li ho incontrati tutti, sono devoto a tutti e voglio loro un gran bene», dice l’artista, nei momenti importanti sempre accompagnato dalla moglie Maria Luisa Barzan. «Di alcuni ho realizzato la statua a misura d’uomo, di altri il busto o l’effigie del volto. Ma ho creato anche crocifissi, medaglie, reliquiari». Come quello contenente l’ampolla con il sangue di san Giovanni Paolo II, la cui ispirazione gli arrivò nel sonno.
IL SUGGERIMENTO DI WOJTYLA
«Ebbi una visione in cui mi apparve papa Wojtyla vestito di bianco che mi disse: “Realizza il libro del Vangelo aperto; su una pagina il pastorale con il Cristo che mi ha sempre sorretto nella mia sofferenza in vita e, nella pagina accanto, lo stemma pontificio con Maria, con la scritta Non abbiate paura”», racconta lo scultore. «Erano le quattro e mezzo del mattino. Mi svegliai di soprassalto e corsi in studio. Mentre disegnavo di getto, cercando di seguire quel provvidenziale suggerimento, mi passarono per la mente, come in un filmato, i sei incontri avuti con papa Wojtyla durante i suoi 27 anni di pontificato. Presentai il progetto al suo segretario, monsignor Stanislao Dziwsiz, che lo approvò».
L’opera ricorda molto l’immagine del giorno del funerale, quando il vento girava le pagine del Vangelo posto sopra la bara, finché il libro sacro si chiuse e il mondo fu raggiunto dalla consapevolezza della morte del Santo Padre. Prosegue l’artista: «Sono così tanti anni che lavoro, che i committenti
mi dicono: fai tu. Realizzo prima il modello in creta o in gesso, e poi lo completo con la colatura in bronzo. La tecnica è consolidata, ma vedere nascere l’opera ogni volta è un’emozione nuova. Anche perché c’è tanto studio prima». Per Balljana la scultura ha i tratti della missione: «Io voglio rappresentare l’anima della persona che raffiguro, e allora prima devo conoscerla, comprenderla. Mi aiuta molto la preghiera. Come si può immaginare, è piuttosto complesso: ad esempio, quando realizzo un crocifisso devo cercare di rappresentare la natura di un uomo che è stato tradito, umiliato e messo in croce, e dalla croce ha perdonato. Non è facile, ripeto, ma la scultura in me è innata: ogni volta do tutto me stesso e non saprei fare altrimenti». Così facendo, l’artista trevigiano è arrivato a oltre 3.000 sculture per lo più di grandi dimensioni. Basta pensare al portale principale in bronzo della chiesa di San Giovanni Battista a Sotto il Monte (Bergamo), paese natale di san Giovanni XXIII, la cui figura è rappresentata in rilievo con i santi Giovanni Paolo II, Gianna Beretta Molla, i beati Luigi Maria Palazzolo e Pierina Morosini e il vescovo Giulio Oggioni.
IL LEGAME CON RONCALLI
Il “Papa buono”, assieme a san Giovanni Paolo II, è il Pontefice di cui Balljana ha realizzato più statue, anche all’estero. «La devozione per Roncalli», racconta lo scultore, «è molto diffusa anche in Turchia fin da quando, nel 1934, il futuro Papa era stato inviato come rappresentante della Santa Sede e dove, durante la Seconda guerra mondiale, svolse un fine lavoro diplomatico a favore degli ebrei». E proprio dalla Turchia arrivò a Balljana la richiesta per un monumento in onore di san Giovanni XXIII, che è stato posto nella città di Istanbul, davanti alla basilica di Sant’Antonio. «Prima di rappresentare Giovanni XXIII», ricorda lo scultore, «amavo rivolgermi al suo segretario, monsignor Loris Capovilla, poi creato cardinale, e lui era sempre disponibile: da quando è morto, nel 2016, i suoi consigli mi mancano tantissimo». Ne ha fatta di strada nella vita quel ragazzino che a otto anni scoprì la passione per la scultura modellando la creta lungo gli argini del fiume Piave. Fu amore a prima vista. Divenne ragazzo di bottega nello studio dello scultore Carlo Conte. Quindi frequentò la Scuola d’arte e mestieri a Pieve di Soligo (Treviso), l’Accademia di Venezia con il maestro Carlo Mandelli e l’Istituto Superiore di Friburgo (Svizzera), dove ottenne il dottorato in Ingegneria e Architettura artistico-ambientale. «Nonostante la formazione resto un istintivo, come mio nonno Giuseppe che lavorava il ferro battuto. Mio figlio ha scelto un’altra strada, ma confido nel mio nipotino», dice Balljana con lo sguardo sempre rivolto al futuro.
© 2023 Romina Gobbo
pubblicato su Credere – numero 36/2023 – domenica 3 settembre 2023 – pagg. 16, 17, 18, 19


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