«Se finora ebbi salva la vita, lo ascrivo alla protezione della Madonna»

Così scriveva dal fronte della Galizia – oggi territorio dell’Ucraina, di nuovo dilaniata da un sanguinoso conflitto – un giovane del Tirolo italiano, allora sotto il dominio dell’Impero austro-ungarico

Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te… «Se finora ebbi salva la vita, lo ascrivo alla protezione della Madonna, alla quale fin da quando andai sul campo, mi raccomandai ogni giorno». È l’inizio della lettera che un soldato della prima guerra mondiale, da un letto di ospedale ad Iglau (Jihlava in Moravia, sul confine con la Boemia), indirizza ad un amico. È la seconda volta che il soldato – di cui non conosciamo il nome – viene ferito, durante la battaglia combattuta, dal 23 agosto all’11 settembre 1914, sul fronte orientale, in Galizia, oggi territorio ucraino. Dopo una serie di aspri e sanguinosi scontri, il conflitto si concluse con la netta vittoria dell’esercito russo sulle armate austro-ungariche, che registrarono 300mila morti, 100mila prigionieri e 14mila feriti, tra cui il nostro militare devoto a Maria. Ferito la prima volta l’1 settembre, alla gamba sinistra, e guarito all’ospedale di Brünn (Brno, seconda città della Repubblica Ceca), torna sul campo, fronteggia ancora il nemico e finisce nuovamente in ospedale, stavolta al Fatebenefratelli di Jihlava. Il tono della missiva è sereno, perché la “ferita – scrive – è leggera, e prossima alla guarigione” ma, sapendo di dover tornare a combattere, si affida alla protezione di Maria, riponendo in lei totale fiducia. Chiede, quindi, all’amico di penna, di fargli avere, “costi quello che vuole”, l’Ufficio piccolo della Madonna (Ufficium parvum), per tenerlo come “compagno di trincea” al quale affidarsi nei momenti bui. L’Ufficio piccolo è una forma popolare di devozione mariana. Comprende salmi, inni, scritture, che corrispondono a tutti i bisogni, a tutte le aspirazioni della natura umana. Per questo è prezioso soprattutto quando si vivono tribolazioni quotidiane. Per nutrire la sua fede, il militare all’ospedale può contare sulle suore del III Ordine secolare di san Francesco, che curano i malati del Fatebenefratelli, e che li assistono anche spiritualmente. Devote alla Vergine, come il Poverello d’Assisi ha insegnato. È anche grazie a loro che egli rafforza la sua devozione, tanto da sentire il bisogno di avere con sé, in trincea, quella raccolta liturgica, che consola, incoraggia e ristora.

E, proprio nelle trincee, guidati dai cappellani militari, i soldati della Grande Guerra recitavano il Rosario, intensificando la preghiera quando cadevano le granate. Sgranare il “Rosario del Soldato” aiutava a contenere la paura e lo scoramento. Interi Reggimenti furono messi sotto la protezione di Maria. Tutto questo è contenuto nei due volumi “I Cappellani Militari d’Italia nella Grande Guerra – Relazioni e testimonianze 1915-1919”, e “Cappellani militari e preti-soldato in prima linea nella Grande Guerra – Diari, relazioni, elenchi 1915-1919”, a cura di Vittorio Pignoloni, prefazione di Santo Marcianò, arcivescovo ordinario militare (Edizioni San Paolo). Afferma don Alfredo Del Vecchio, cappellano dell’ospedale militare principale di Ancona: «Il 7 ottobre 1917, Festa del Rosario, mi recai a celebrare sotto la trincea di prima linea, poco lontano dal nemico. Parlai della Madonna, della protezione che essa concede a chi a Lei si rivolge. All’improvviso uno shrapnel (granata anti uomo, ndr) scoppia proprio sopra di noi… Una stretta spontanea al cuore di tutti. Incomincio le parole dell’Offertorio. “Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum…”. Come si prega volentieri in quei momenti! Gli scettici possono attribuire l’incolumità di tutti al puro caso. Io con tutti i presenti l’attribuimmo alla protezione accordataci dalla Madonna del Rosario». In quei momenti, cartoline, rosari e immaginette erano i doni più graditi. Perché, per i ragazzi al fronte, il volto di Maria ricordava quello della loro mamma, che forse non avrebbero più rivisto. Dov’era possibile, si costruivano altarini con l’immagine della Vergine. Dice don Luigi De Nicolellis, nel 1915, cappellano in un lazzaretto per colerosi, vicino a Cormons (Gorizia): «Erano la consolazione dei poveri ammalati, convalescenti dal terribile morbo, i quali l’adornavano di fiori ed alla sera vi si raccoglievano intorno per la recita del Rosario».

I “più fortunati” potevano godere di un’intera cappella. Don Quirico Lupacchini, cappellano militare nell’area del Pasubio e in Vallarsa: «Nell’aprile 1917, in val Piazza (Vallarsa), con l’aiuto dei “miei” del Reparto fanteria brigata Piceno, potei costruire una cappella in legno dedicata a Maria Madre dei soldati, “Militiarum Matri”. La soave immagine di Maria, non solo doveva essere di conforto, di aiuto ai buoni fanti in continua lotta col nemico, ma nei tempi avvenire sarebbe dovuta essere anche la custode delle tombe di quanti lassù in epiche lotte avevano immolato la vita (…). Il 15 agosto, Assunzione di Maria, la Madonnina era al suo posto, sul Dente, a quota 2.200, proprio sopra l’imboccatura della galleria principale, su quella roccia fatale che tante volte era stata scossa bruscamente dall’esplosione di mine nemiche. Quella bianca Madonnina in quelle rocce, dove ciascuno sapeva di aver sofferto la sua ora di martirio, fu subito circondata da una speciale venerazione».

A Sella Tonale, racconta don Casimiro Quaranta, di stanza sul fronte carnico, «vi è una graziosa cappella, eretta nel 1915, dedicata alla “Madonna dei Soldati”. Rappresenta la Vergine col Bambino in mezzo ai soldati d’Italia, preganti e invocanti, chi in ginocchio e chi in piedi, la materna protezione della Madre dei Credenti, e in lontananza si vede il nemico in fuga precipitosa. In quella cappella, che non fu mai colpita dall’artiglieria nemica, mentre il terreno circostante è come un campo passato dall’aratro, vi era sempre acceso il lume: com’è grande l’amore dei soldati alla Madre Divina!»

«Dal 1916, ritta sul Passo della Sentinella (valico alpino delle Dolomiti orientali, ndr), in una nicchia scavata dal religioso scalpello dei nostri soldati, sta la bronzea effigie della nuova Madonna degli Alpini; la Vergine vigilante, la più avanzata sentinella d’Italia. Con la destra protesa sul Passo e la sinistra sul petto, ove tiene un magnifico fior di stella alpina, volge gli occhi al cielo quasi impetrandone sicura protezione. Dice don Francesco Doglioli, Battaglione Fenestrelle: «Ad ogni scoppio, che ci metteva nel sangue brividi mortali, invocavamo forte il nome della Madonna Alpina: “Virgo Vigilans, ora pro nobis”. E fummo tutti salvi».

© 2024 Romina Gobbo 

pubblicato su Maria con te – domenica 5 novembre 2023 – n. 45 – pagg. 16, 17, 18, 19

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