I funerali di Giulia Cecchettin nella Basilica di Santa Giustina a Padova
Anche il cielo piangeva. Martedì 5 dicembre, giorno del funerale di Giulia Cecchettin, le nuvole rilasciavano gocce come lacrime, come se anche l’universo volesse partecipare al dolore. Il freddo a Padova era pungente, a rispecchiare il gelo dei cuori, che però si sono riscaldati con la celebrazione presieduta dal vescovo Claudio Cipolla, nella basilica di Santa Giustina, e con le parole di papà Gino che, pur distrutto, ha saputo trovare un senso alla morte della figlia. «Voglio sperare che tutta questa pioggia di dolore fecondi il terreno delle nostre vite e voglio sperare che un giorno possa germogliare. E voglio sperare che produca il suo frutto d’amore, di perdono e di pace».
A dare l’ultimo saluto alla ventiduenne, diventata la “figlia di tutti”, sono giunti in tanti, da tutto il Veneto. Mamme, papà, nonni, coetanei universitari. Chi è arrivato prestissimo al mattino, è riuscito a entrare in chiesa (circa 1.200 persone), e a essere così vicino, anche fisicamente a papà Gino, ai fratelli Elena e Davide, abbracciati per quasi tutta la Messa, alla zia, ai nonni. Almeno diecimila persone hanno invece gremito la piazza antistante il sagrato, composte, attente, gli occhi rossi puntati sulla parete della cattedrale dove è appesa la gigantografia di Giulia sull’altalena, la foto che l’ha resa tristemente nota al mondo. Qualcuno Giulia l’ha conosciuta di persona, qualcun altro aveva cominciato a sentirne parlare dai media al momento della scomparsa. «Sono stata con il fiato sospeso – dice Rita – sperando in un esito positivo. E il drammatico epilogo mi ha colpita tantissimo, perché ti fa capire che può succedere a tutti. Giulia può essere una sorella, una nipote, un’amica».

Padova, basilica di Santa Giustina, funerale di Giulia Cecchettin. Credits Romina Gobbo
Gli schemi collocati nella piazza davanti alla chiesa riportano le immagini del rito, celebrato dal vescovo con oltre venticinque sacerdoti, tra cui padre Antonio Ramina, rettore della basilica di Sant’Antonio, e don Federico Lauretta, parroco di Santa Giustina, chiesa che custodisce anche il corpo di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, la prima donna laureata al mondo. Un traguardo che Giulia non ha potuto raggiungere (sarà consegnata la laurea honoris causa al papà, ndr) perché è stata uccisa l’11 novembre, cinque giorni prima della prevista discussione della tesi. «Con una crudeltà e una ferocia inspiegabili, da un ragazzo che conosceva bene – dice Linda, studentessa di Fisica -. Filippo è il compagno di banco di tutti. Forse si deve avere più paur4a di chi ti è vicino».
Da Padova alla chiesa di Saonara, dove Giulia era stata battezzata. «Giulia amava le passeggiate. Giulia non buttava via niente. Giulia si dimenticava sempre le chiavi. Giulia mi faceva sentire speciale perché la salvavo dalle cimici»: pillole di vita quotidiana, quelle della sorella Elena.

Saonara, benedizione della bara di Giulia Cecchettin. Credits Romina Gobbo
Il cammino verso il cimitero è lento, carico di sofferenza. «Giulia era la mia animatrice al Grest, era il mio sole», dice piangendo Chiara. Poi la sepoltura, poco lontana da mamma Monica, morta di tumore nel 2022. Giulia finalmente libera, tra le stelle, a giocare con i palloncini bianchi donati al cielo da chi non la dimenticherà.

Saonara, al passaggio della bara di Giulia Cecchettin, tutti lanciano palloncini con il suo nome. Credits Romina Gobbo
© 2023 Romina Gobbo
pubblicato su Famiglia Cristiana – domenica 17 dicembre 2023 – pag. 20


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