Oggi in Duomo la celebrazione con i 16 Centri pastorali per gli stranieri
«Perché sei venuto qui dal Pakistan? Eri perseguitato?» «Perseguitato no, ma non riuscivo più a vivere in un mondo dove devi prestare attenzione a qualsiasi cosa fai, e dove vige solo la legge della strada». Il brasiliano padre Sergio Durigon, delegato per la Pastorale dei migranti della diocesi di Vicenza, cerca di capire il motivo per il quale tanti ragazzi scelgono di emigrare. «Non sempre c’è un reale pericolo di vita, sempre è invece presente il desiderio di una vita migliore. Con il vescovo Giuliano Brugnotto abbiamo scelto come titolo per la Festa dei popoli di oggi, 6 gennaio, “Migranti: liberi di scegliere se migrare o restare”, perché riteniamo che la migrazione debba essere una scelta libera».
Oggi alle 10.30 nel Duomo di Vicenza, infatti, ci sarà la ormai tradizionale Messa, animata dalle comunità etniche, appartenenti ai sedici Centri pastorali per migranti di fede cattolica, presenti in diocesi: sette a Vicenza (filippini, ghanesi, nigeriani, romeni, srilankesi, latinoamericani e ucraini), tre a Bassano del Grappa (filippini e ghanesi, latinoamericani e ucraini), due a Schio (ghanesi, nigeriani e romeni), due a Valdagno (ucraini e ghanesi), uno ad Arzignano (ghanesi), uno a Creazzo (africani francofoni). «La celebrazione dell’Epifania ci ricorda che il Dio in cui crediamo si è
manifestato a tutti – dice monsignor Brugnotto, che presiederà la celebrazione –, perciò ci chiede di considerarci e trattarci realmente come fratelli e sorelle, perché la nostra vita sia testimonianza coerente con quanto professiamo a parole».
«La scelta di far coincidere la Messa per i fratelli migranti con il giorno dell’Epifania, porta con sé un senso teologico molto bello – riprende padre
Durigon –. I Magi rappresentano tutte le popolazioni della terra che vanno a incontrare Gesù. Il vescovo è capo di una Chiesa e, come tale, segno
di unità, che accoglie tutti quelli che credono, e che si trovano, in questo caso, nel territorio berico, comprese le comunità migranti. Tutti i popoli
vanno da Gesù, così tutte le comunità vanno alla Chiesa madre, che è la cattedrale, ad ascoltare il vescovo, che è il successore degli apostoli».
Quest’anno, saranno presenti anche una cinquantina di giovani ucraini, arrivati il primo gennaio per respirare per qualche giorno un “clima di pace”.
Nell’occasione, a Palazzo Opere Sociali, a fianco del Duomo, sarà allestita la mostra fotografica di Ennio Brilli, «Io ci sto fra i migranti», a cura
dell’Agenzia scalabriniana per la cooperazione allo sviluppo. «Racconta dei tanti ragazzi che, nel sud d’Italia, raccolgono pomodori, e di chi cerca di aiutarli a integrarsi. Una realtà che ho conosciuto personalmente», dice Durigon, che non si occupa solo della cura delle anime, attraverso il coordinamento dei cappellani che seguono direttamente i vari centri pastorali, ma anche di come questi migranti, ormai alla seconda e terza generazione, vivono nella società vicentina. «La violenza sulle donne migranti è molto presente – afferma –. Sono loro le più vulnerabili, non sono in grado di denunciare quello che vivono tra le mura domestiche o nei posti di lavoro, per una questione culturale e per paura di essere
licenziate. Il silenzio è l’unico modo per sopravvivere. E poi va detto che c’è grande discrepanza tra la politica e la realtà. Quest’ultima dice
che c’è bisogno di manodopera in tanti settori, ma non si trova, perché la politica preferisce tenere i migranti in un limbo, quando dovrebbe
preoccuparsi di formare persone in grado poi di andare a coprire i posti di lavoro vuoti».
© 2024 Romina Gobbo
pubblicato su Avvenire – sabato 6 gennaio 2024 – pag. 17

Lascia un commento