Il Ghana volta pagina per affrontare la crisi

La vittoria elettorale di Mahama e le sfide del Paese africano

Il «resetting Ghana» (azzerare il vecchio Ghana) di John Dramani Mahama ha avuto la meglio. Domenica 8 dicembre la Commissione elettorale ha dichiarato la sua vittoria alle elezioni presidenziali del giorno precedente. L’ufficializzazione è arrivata quando già l’avversario Mahamudu Bawumia, prevedendo la propria sconfitta sulla base degli exit-poll, aveva inviato un messaggio di congratulazioni. «Il popolo del Ghana ha votato per il cambiamento – ha detto in conferenza stampa nella capitale Accra – e noi lo rispettiamo con tutta umiltà». In effetti, l’alternanza è una caratteristica del Ghana dal 1992. Mahama, 66 anni, del Congresso democratico nazionale (Ndc), partito all’opposizione, di centrosinistra,
già presidente del Ghana dal luglio 2012 al gennaio 2017, ha ricevuto circa 6,33 milioni di voti (56,55%). Ha battuto il vicepresidente uscente, Bawumia, candidato del partito di governo, il Nuovo partito patriottico (Npp), centrodestra, primo musulmano a correre per la presidenza in un Paese a forte maggioranza cristiana, che di voti ne ha ottenuti 4,66 milioni (41,61%). I democratici dell’Ndc hanno vinto anche le elezioni legislative, tenutesi in contemporanea.

Il giuramento di Mahama è previsto per il 7 gennaio 2025, quando terminerà ufficialmente il mandato dell’attuale presidente in carica, Akufo-Oddo, che non si è ripresentato avendo già esaurito i due mandati previsti dalla Costituzione. Le elezioni hanno registrato un’affluenza alle urne del 60%, in calo rispetto a quelle del 2020, quando a votare andò il 78,89%. La drammatica crisi economica in atto ha provocato negli elettori, da una parte, il desiderio di cambiamento della leadership e, dall’altra, la disaffezione nei confronti della politica. L’aumento del costo della vita e la disoccupazione crescente in un Paese dove il 38% sono giovani dai 18 ai 35 anni, destano parecchia preoccupazione. Sulla testa di Mahama pesa anche il prestito di circa 2,8 milioni di euro richiesto al Fondo Monetario Internazionale nel 2022 per far fronte al debito pubblico. Anche per il Paese maggior produttore di oro di tutto il continente, in realtà non è tutto oro…

Proprio la situazione economica difficile è stata al centro della campagna elettorale di entrambi i candidati. Mahama si è spinto molto: un piano infrastrutturale (Big Push), per la creazione di nuovi posti di lavoro. E una strategia per rilanciare l’economia: la «24 hours economy», cioè un
sistema in cui le aziende e le attività operino 24 ore su 24. Un po’ cozza con la filosofia del Paese, che è «no rush in life», nessuna fretta nella vita.
Il Commonwealth observer group (Cog) ha elogiato il governo e la società civile per l’ordinata organizzazione della tornata elettorale, e Bawumia per aver accettato la vittoria dell’avversario in maniera sportiva. In Africa è una rarità, visto che i risultati elettorali vengono quasi sempre
contestati dalle opposizioni. E questo gesto – secondo il Cog – è servito a stemperare le tensioni. Perché, se è vero che il Ghana è un Paese pacifico, è anche vero che il suo estremo nord rappresenta un’incognita. Sul lato interno, vi è l’annosa rivalità tra le etnie kusasi e mamprusi per questioni di leadership, che recentemente ha iniziato a reintensificarsi. C’è poi la minaccia esterna. Confinando con il Burkina Faso per ben 600
chilometri, il rischio di infiltrazioni jihadiste è reale. Altro problema con il quale il nuovo governo dovrà confrontarsi è il cosiddetto «galamsey», ovvero l’estrazione mineraria illegale, che è in crescita di pari passo con l’aumento dei prezzi globali dell’oro. Ma che sta portando al disastro ambientale, a causa di tossine e sostanze chimiche che si disperdono nei terreni agricoli e nei fiumi, con conseguenze sulla salute della
popolazione.

© 2024 Romina Gobbo 

pubblicato sul Giornale di Brescia – sabato 21 dicembre 2024 – pag. 7

Didascalia foto di copertina: Il giuramento di Mahama è previsto per il 7 gennaio 2025 – Foto Epa/Christian Thompson©

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