Alternanze democratiche e instabilità autocratica

Un bilancio politico del 2024 nel Continente africano

Si è concluso un anno importante per il continente africano. Il 2024 ha visto molti Paesi andare al voto. Il dato rilevante è che in cinque
(Liberia, Senegal, Botswana, Mauritius e Ghana) il partito al potere è risultato sconfitto alle urne e ha dovuto lasciare lo scranno all’opposizione. Sono chiamate «alternanze democratiche», e rappresentano l’altra faccia della medaglia di un continente dove il potere viene spesso ottenuto con le armi. Basti pensare ai tanti colpi di Stato militari. Più recentemente, golpe si sono susseguiti in Mali (2020 e 2021), Ciad (2021), Burkina Faso (2022), Niger (2023), ma anche in Gabon (2023), con un obiettivo preciso: il rovesciamento delle istituzioni, e il «pensionamento» di governanti in carica da decenni. In Gabon, ad esempio, il colpo di Stato ha messo fine al dominio della famiglia Bongo, durato 56 anni. Queste leadership praticamente «a vita» hanno ostacolato il progresso dei Paesi, perché improntate sull’autoritarismo e poco attente ai bisogni delle popolazioni. Ne sono risultate stagnazione economica, disoccupazione e corruzione. E il malcontento è cresciuto. Tanto che i giovani hanno accolto positivamente (almeno all’inizio) i colpi di Stato, perché forieri di un cambiamento. Ma il rovesciamento dei governi dei Paesi del Sahel ha portato con sé una svolta epocale. Le giunte militari arrivate al potere hanno dato il ben servito alle truppe francesi, accogliendo invece russi, turchi e cinesi. Il 2024,
dunque, ha decretato la fine della Françafrique, ovvero di quella relazione speciale (neocoloniale) tra la Francia e le sue ex colonie africane. E l’inizio del 2025 ha confermato il trend: anche Senegal e Costa d’Avorio hanno rimandato al mittente l’ex potenza coloniale, che quindi resta presente solo in Gabon, in maniera esigua, e a Gibuti, che per Macron rappresenta la porta verso l’Oriente.

Tornando alle elezioni dello scorso anno, in altri Paesi, come Ruanda, Tunisia, Algeria, Mauritania, Togo, Comore, l’alternanza non c’è stata.
Paul Kagame, che guida il Ruanda dalla fine del genocidio dei Tutsi nel 1994, è stato rieletto praticamente con un plebiscito, 99% dei voti. In Tunisia, il secondo mandato alla presidenza di Kaïs Saïed (90% dei consensi), ha fatto scendere in piazza migliaia di cittadini, che hanno espresso
così il loro dissenso alla deriva autoritaria del Paese. Nonostante un centinaio di vittime e molti arresti, dallo scorso ottobre le proteste non si
fermano in Mozambico. La vittoria alle elezioni del Fronte di Liberazione del Mozambico (Frelimo), che controlla il Paese dal 1975, continua a essere contestata dall’opposizione e da osservatori internazionali. Gli algerini, invece, hanno preferito disertare le urne. Così sulla vittoria del presidente in carica Abdelmadjid Tebboune aleggia la disillusione della popolazione. In Sudafrica, anche se il Cyril Ramaphosa è stato riconfermato, c’è stata comunque una perdita di consensi. Così l’African National Congress (ANC), per la prima volta nella sua storia, deve condividere il governo con l’opposizione. In Namibia, dove la South West Africa People’s Organization (SWAPO), che governa dall’indipendenza del 1990, ha mantenuto il potere, la vera novità è stata l’elezione per la prima volta nella storia del Paese di una donna presidente, Netumbo
Nandi-Ndaitwah. Va ad affiancare la collega Samia Suluhu Hassan (dal 2021 presidente della Tanzania).

Dopo le proteste estive che hanno scongiurato un aumento fiscale, da fine anno il Kenya è tornato incandescente a seguito della scomparsa di molti attivisti, che la Commissione Nazionale per i Diritti Umani attribuisce alla polizia. Infine, il 2024 è stato anche l’anno del perdurare della guerra civile in Sudan, che ha provocato una delle più gravi crisi umanitarie di questo pianeta.

© 2024 Romina Gobbo 

pubblicato sul Giornale di Brescia – domenica 5 gennaio 2025 – pag. 7

Didascalia foto di copertina: Il presidente del Sudafrica, Cyril Ramaphosa, Foto Ansa ©www.giornaledibrescia.it

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