Il sisma ha colpito una regione remota vicino al Pakistan dove i soccorritori faticano ad arrivare
KABUL. C’è chi scava a mani nude tra le macerie, chi si aggira alla ricerca dei familiari, chi si dispera davanti alla casa crollata, chi vaga sotto shock. Un boato improvviso e niente è stato più come prima. Non c’è pace per l’Afghanistan. Almeno ottocento morti, circa 3.000 feriti, centinaia e centinaia di abitazioni rase al suolo: è il primo bilancio che il portavoce del governo Zabihullah Mujahid fa del terremoto di magnitudine 6.0 della scala Richter che la notte fra domenica e lunedì ha devastato in particolare una regione montuosa dell’est del Paese, vicina al confine con il Pakistan (che non ha subito danni), ma la scossa – con epicentro otto chilometri sotto il mare – si è sentita anche nella capitale Kabul, a 150 chilometri di distanza. Ed è stata seguita da parecchie repliche di assestamento. I distretti più colpiti sono Nurgul (Kunar), KuzKunar e Dar-e-Noor (Nangarhar). Tra i villaggi più danneggiati vi sono Masood, Wadir (Ghazi Abad), Shomash, Arit e Sohel Tangi. Il ministro dell’Interno, Abdul Mateen Qani, ha detto che il governo ha già lanciato un’operazione di soccorso su larga scala, ma chiede l’aiuto internazionale. Richiesta alla quale l’Iran ha già acconsentito. Si tratta di luoghi impervi, già di per sé difficili da raggiungere, ma, dopo il sisma, inaccessibili per le tante frane dovute alle scosse. In Afghanistan opera Nove Caring Humans, una delle poche Ong straniere che non ha mai lasciato il Paese. Lo staff è salvo, ma si trova di fronte a una situazione drammatica, con il numero di morti e feriti che continua ad aumentare. Data l’ora, molta gente è stata sorpresa nel sonno, e non è riuscita a scappare. Ocha, l’Agenzia delle Nazioni Unite sta lavorando anche per valutare appieno l’entità del disastro, ma ci vorranno giorni.
Zona remota. La maggior parte delle vittime si trova nella provincia di Kunar, dove le strade sono bloccate, non c’è rete mobile, quindi le comunicazioni sono pressoché impossibili. Molti villaggi sono completamente isolati; per raggiungerli i soccorritori devono camminare per
ore. Gli elicotteri stanno sorvolando per cercare eventuali superstiti. «Gli ospedali sono al collasso, manca sangue – racconta Susanna Fioretti, vice presidente Nove Caring Humans -. Molti feriti sono ancora sotto le macerie. Alcuni villaggi non sono raggiungibili. Non sappiamo ancora
che cosa sia accaduto a molti dei beneficiari dei nostri progetti. Avevamo distribuito da poco mucche e vitelli alle famiglie più vulnerabili di questi distretti. C’era la gioia negli occhi delle persone. Le scosse continuano, la gente è terrorizzata, e ha bisogno di tutto. Stiamo lavorando senza sosta per salvare vite». L’Unicef, a stretto contatto con i partner locali, sta inviando team sanitari mobili nei distretti colpiti, dando priorità agli interventi immediati e salvavita per bambini e famiglie. Sta anche inviando forniture di emergenza essenziali, tra cui medicinali, articoli per l’igiene,
indumenti pesanti, scarpe e coperte, attrezzature da cucina, nonché tende e teloni per chi è rimasto senza casa. «Ci stiamo focalizzando nel rispondere alle necessità urgenti in materia di salute, acqua potabile, servizi igienico-sanitari, alimentazione, protezione dell’infanzia, alloggi temporanei e sostegno psico-sociale», spiega Tajudeen Oyewale, rappresentante Unicef in Afghanistan. Il Paese, già strozzato dalla crisi economica e umanitaria, è anche privo di infrastrutture e di un sistema sanitario efficiente, il che amplifica le conseguenze del disastro.
L’Afghanistan è particolarmente soggetto ai terremoti perché si trova nel punto di incontro delle placche tettoniche indiana ed euroasiatica, che costituiscono una delle zone sismiche più attive del pianeta. Andando a ritroso, si sono verificati terremoti a Herat, ottobre 2023 (magnitudo
6.3), Badakhshan, marzo 2023 (6.5), Kunar e Nangahar, settembre 2022 (5.1 e 4.6), Khost, marzo 2022 (6.0),Khadis, distretto di Badghis, gennaio
2022 (5.3), Hindu Kush, ottobre 2015(7.5), Hindu Kush, marzo e aprile 2002 (7.2), Takhar, febbraio e maggio 1998 (6.6), Hindu Kush, 1991 (6.9).
© 2025 Romina Gobbo
pubblicato sul Giornale di Brescia – Estero – martedì 2 settembre 2025 – pag. 7


Lascia un commento