È uno dei Paesi più poveri del mondo, con 30 milioni di abitanti e un’età media di vent’anni
Di andarsene non ne vuole sapere. Il presidente del Madagascar, Andry Rajoelina, continua a ignorare la richiesta di dimissioni. A seguito delle proteste della popolazione, ha prima licenziato il ministro dell’Energia, Olivier Jean-Baptiste, poi ha sciolto il governo, deposto il primo ministro Christian Ntsay, e nominato al suo posto il generale Raphin Fortunat Dimbisoa Zafisambo, con l’obiettivo di «ristabilire l’ordine e riconquistare la fiducia del popolo».
Ma il fatto che quest’ultimo prima ricoprisse il ruolo di direttore del Gabinetto militare presso l’ufficio di Ntsay, fa pensare più a una continuità che a un reale cambiamento. «L’assoluta priorità – ha detto il presidente – sarà il ripristino delle forniture di elettricità e acqua nel più breve tempo possibile». Le proteste erano iniziate tre settimane fa proprio per denunciare i frequenti black-out e la mancanza cronica di acqua potabile. Ma, come sempre più spesso accade, le forze dell’ordine ci sono andate giù pesante, con idranti, proiettili di gomma e gas lacrimogeni, e l’imposizione del coprifuoco dal tramonto all’alba. Secondo le Nazioni Unite si sono registrate oltre venti vittime e un centinaio di feriti.
La risposta è stata manifestazioni ancora più partecipate, in particolare da parte dei giovanissimi della Generazione Zeta (GenZ Madagascar), ovvero i nati tra il 1997 e il 2012, che si definiscono «pacifici e con spirito civico». Sono risoluti a cambiare il futuro di un Paese dove sette persone su dieci vivono al di sotto della soglia di povertà. Il Madagascar, isola nel sud-est del continente africano, è una repubblica semipresidenziale. Per i turisti è spiagge bianche e resort di lusso, in realtà è uno dei Paesi più poveri al mondo, e per la popolazione significa fame, malasanità, corruzione dilagante, disoccupazione, spreco di spesa pubblica, enormi disuguaglianze di ricchezza tra la classe dirigente e il cittadino medio, e difficoltà dovute a un clima insalubre, dove si alternano cicloni e periodi di siccità. Una popolazione di trenta milioni di abitanti, con età media vent’anni.
A differenza delle mobilitazioni passate, in questo caso alla guida non ci sono partiti politici, sindacati o figure carismatiche. Abituata a «smanettare» con i social, la GenZ è riuscita a portare in piazza la popolazione utilizzando hashtag, immagini potenziate dall’intelligenza artificiale e video, e la giusta dose di sarcasmo. Come quello utilizzato nei confronti di uno dei membri della famiglia Rajoelina diplomatosi in una scuola svizzera, e che ora ha uno stipendio da 150mila euro l’anno. La follia di molti leader africani è pensare che i giovani restino inerti davanti a tante ingiustizie. Proteste vi furono anche nel 2009; si conclusero con un intervento dell’esercito, le dimissioni dell’allora presidente Marc Ravalomanana e la presa del potere da parte di Andry Rajoelina, 51 anni, un passato da disk jockey, e un incarico da sindaco della capitale. Dimessosi nel 2014, è diventato nuovamente presidente dopo la vittoria alle elezioni del 2018, e si è assicurato un terzo mandato vincendo quelle del 2023. Ma le piazze non si placano. E non interessano solo la capitale Antanarivo, ma anche la vicina Fenoarivo, e le più lontane Mahajanga, a circa 500 chilometri dalla capitale, e Diego Suarez, a quasi mille.
Nel mondo
La GenZ si sta ribellando in diversi Paesi. Ad accomunare le proteste dei ragazzi malgasci con quelle di marocchini, nepalesi, peruviani, kenyoti, ugandesi e nigeriani (per dire delle ultime) è l’uso di tecniche di organizzazione online.
La domanda ora è: riusciranno questi movimenti coraggiosi – sia in termini di rivendicazioni che di metodologia di azione – a passare dall’espressione di una rabbia collettiva all’elaborazione di una vera e propria strategia?
© 2025 Romina Gobbo
pubblicato sul Giornale di Brescia – sabato 11 ottobre 2025 – pag. 9
https://www.giornaledibrescia.it/opinioni/madagascar-rivolta-generazione-z-g83pijf1


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