DOMANDA di R.S.
A Giugno 2016, Ahmad al-Tayyeb, il grande imam della moschea di Al-Azhar ed ex presidente della medesima università, ha dichiarato che la punizione per gli apostati nell’Islam è la morte e che l’omosessualità è una malattia. Visto che lei definisce questa università come “prestigiosa”, vorrei farle una paio di domande. 1) Crede che il “Consiglio dei Sapienti” di Al-Azhar sia d’accordo con quello che Ahmad al-Tayyeb ha dichiarato riguardo agli apostati e agli omosessuali nell’Islam? 2) Visto che lei parla di shari’a nel suo post, potrebbe gentilmente ricordarmi cosa dice la shari’a riguardo agli omosessuali e agli apostati nell’Islam?
RISPOSTA
Grazie delle domande. Due premesse: non sono una teologa, quindi le rispondo da studiosa dell’Islam; la seconda premessa, è che per risponderle bene, servirebbe un trattato più che qualche riga su LinkedIn. Comunque, ci provo. 1. Lei si riferisce al discorso fatto in Indonesia da al-Tayyib. In realtà, a me risulta che lui parlasse della diffusione del mondo occidentale del matrimonio omosessuale, con un riferimento preciso, cioè le scelte di alcune Chiese statunitensi che avevano modificato i propri statuti per riconoscere come matrimoni le unioni dello stesso sesso. In quel discorso riteneva anche che la questione omosessuale venisse utilizzata per conseguire consenso politico. Possiamo magari non essere d’accordo, però il pensiero è diverso. Anche il mondo cristiano non riconosce i matrimoni omosessuali. Altra cosa è l’accettazione delle persone omosessuali. Anche il diritto islamico nel passato condannava l’atto omosessuale, è invece più recente la condanna delle persone omosessuali. Le punizioni possono essere diverse a seconda delle scuole giuridiche (lapidare, bruciare, frustare), tuttavia queste norme trovano applicazione solo in certi Paesi: Arabia Saudita, Iran, Pakistan, e non sempre. La mia idea è che queste punizioni servano ai Governi a legittimarsi davanti alla popolazione dal punto di vista morale. Più un’attestazione di potere autoritario che di applicazione coranica. Certo, per alcuni l’omosessualità è ancora considerata perversione o malattia da curare. Tuttavia, oggi ci sono parecchi movimenti per la difesa degli omosessuali nei Paesi arabo-islamici.
Arrivo al punto 2, ma in realtà ho già anticipato. Ultima cosa sull’omosessualità. Questo giusto per provocare un sorriso. Si parla sempre della donna musulmana sottomessa, nel caso del lesbismo è più tollerato dell’omosessualità maschile. Per quanto riguarda l’apostasia, la cosa è piuttosto complicata, ecco perché parlavo di trattato. Diciamo che la Shari’a non è un testo codificato, bensì un insieme di riferimenti etici, comportamentali e consuetudinari, che derivano dai due testi islamici per eccellenza, il Corano, in primis, e la Sunna. A partire da questi principi, i giuristi islamici elaborano le leggi nei loro Paesi. Si chiama Fiqh, è la giurisprudenza islamica. La Shari’a sanziona sette crimini specifici. Di questi, solo la Hirabah prevede la pensa di morte. Hirabah significa “guerra contro Dio”. Pertanto, tra le varie voci, un esperto _ di cui non ricordo il nome – affermava che Muhammad disse pensa di morte per gli apostati in un contesto storico di guerra, nel quale chi abiurava all’Islam, non solo rinnegava la religione, ma di fatto passava al nemico. Anche qui l’applicazione non è così immediata, è più teorica che concreta. Ultima cosa, ma importante per capire tutto il resto. La questione delle parole arabe. Shari’a, ad esempio, ma anche jihad, oggi diventati termini di uso comune nella lingua italiana. Ma con quale significato? In realtà dobbiamo sempre ricordarci che c’è una distanza enorme tra la vastità concettuale delle parole arabe e appunto il loro utilizzo in italiano. Da qui nascono molti fraintendimenti, senza contare che parliamo di una religione sorta il I sec. d. C. Quindi, un contesto totalmente diverso dall’attuale. Comunque, l’Islam non è un monolite, e anche dal punto di vista di come rendere possibile l’ncontro con la modernità, si sta discutendo. Mi fermo qui, sperando di esserle stata utile.
DOMANDA di R.S.
DOMANDA di S.P.P.
Buonasera, mi scusi se mi permetto una considerazione. Ho letto una sua risposta in un post che trattava di come possono comportarsi le donne dell’Isis. Lei scrive: “Marco, ci sono anche delle combattenti. Verso l’ultimo periodo, quando i foreign fighters non affluivano più, i miliziani sono stati costretti ad accettare che anche le donne combattessero”. Sono perfettamente in accordo con Lei, anzi volevo approffitare della Sua competenza: non crede, invece, che anche in Europa potremmo correre il rischio di una revisione della tattica cecena dove le donne sono in prima linea?
RISPOSTA
Diciamo che l’ipotesi è plausibile. Probabilmente si deve distinguere chi fra le donne ha subito il jihad e chi lo ha scelto. Fra le prime, metterei quelle che hanno seguito i mariti o sono partite per ritrovarli, fra le seconde, quelle che sono andate perché affascinate da un progetto rivoluzionario (così lo proponeva la propaganda Isis), ma anche dagli uomini che lo stavano perpetrando. Le donne subiscono il fascino del “dannato”. Mi viene in mente quante lettere d’amore riceveva in carcere Pietro Maso, assassino di madre e padre. Quando torneranno in patria che cosa succederà? Credo che siano da temere quelle che hanno abbracciato il jihad per convinzione. Soprattutto se sono state via per un tempo lungo, hanno avuto addestramento alla violenza e all’uso delle armi e possibilità di contatti. Inoltre, la loro esperienza sul campo, alzerà le loro quotazioni. Non mi stupirei che venisse loro affidata la guida di reti jihadiste europee, e il compito di radicalizzare altre giovani donne. Chi invece rientrerà disillusa perché il progetto più che rivoluzionario era sanguinario, cercherà di reinserirsi in una vita normale, ma – temo – con grandi difficoltà. Donne che hanno visto e subito tanta violenza necessitano di supporto, ma i Paesi europei non sono preparati a questo. Tra quelle partite per seguire i mariti, molte torneranno vedove. Anche qui, come si fa a sapere chi riuscirà a rimarginare la ferita e chi invece rientrerà piena di odio? Un Rapporto dei servizi segreti olandesi ne mette in luce le criticità. 80 donne si sono unite a Isis, un numero elevatissimo. La Francia, dopo Charlie Hebdo, ha affinato i piani anti-terrorismo. In Inghilterra credo che il ministro della Difesa, in merito al ritorno dei foreign fighters, si sia lasciato sfuggire un “bisognerebbe eliminarli” per eliminare il problema. C’è già un precedente. Nel 2016, nei pressi della cattedrale di Notre-Dame a Parigi, fu ritrovata una Peugeot piena di bombole di gas e taniche di benzina, e fu appurato che erano state tre donne a organizzare l’attentato, che invece fu sventato. Allo stesso modo, esiste un rischio bambini; anch’essi, tornati dal Califfato, chissà quanta violenza avranno visto. In nuge, essi rappresentano una nuova generazione di jihadisti. Per quanto riguarda l’Italia, il numero di donne partite, è esiguo. Credo che siano ben monitorate dall’Intelligence. Difficilmente potrebbero rientrare senza essere “notate”. Però, non si sa mai. Credo che si debba agire in via preventiva, dal punto di vista dell’inclusione, soprattutto con le nuove generazioni. Perché più i ragazzi/e si sentiranno emarginati, inutili, e più saranno attirati dai messaggi forti, e il jihad è un messaggio talmente forte, che per esso si può anche dare la vita.
La ringrazio molto per la sua risposta, sicuramente esaustiva! Questo è il link dell’intervista fatta ad al-Tayyeb dove fece la dichiarazione che le ho riferito, lui descrive l’apostasia e l’omosessualità nell’Islam in maniera leggermente diversa dalla sua. https://www.memri.org/tv/sheikh-al-azhar-ahmad-al-tayyeb-islam-unrepentant-apostates-should-be-killed-homosexuality Però c’è qualcosa che non mi torna. Sulla base delle sue indicazioni ho fatto un po’ di ricerche, ovviamente da profano, e mi sono imbattuto in un dipinto del 1594 del Siyar-i-Nabi, Istanbul, che fa oggi parte del David Collection Museum in Danimarca. Il dipinto raffigura il profeta Maometto mentre soprassiede all’esecuzione per decapitazione di Nadr ibn al-Harith, un medico arabo che fu condannato a morte dal profeta dopo la battaglia di Badr. Dovrebbe trovare il dipinto come allegato, sempre che riesca a spedirglielo. Lei ha scritto che secondo la Sharia l’unico crimine che giustifica la pena di morte è l’apostasia in tempo di guerra. Non mi risulta che al-Harith sia mai stato musulmano, mi sembrava che fosse pagano, ma forse mi sbaglio. Potrebbe dirmi quale fu la ragione per la quale il profeta Maometto condannò a morte al-Harith?