Alle 1.23 della notte fra il 25 e il 26 aprile 1986, durante un test di sicurezza, per un guasto all’impianto di raffreddamento, esplode il reattore nucleare numero quattro della centrale nucleare di Chernobyl, nell’Ucraina settentrionale, 110 chilometri a nord di Kiev, proiettando nel cielo una palla di fuoco che oscurerà il destino di milioni di persone. È il più grave incidente nella storia dell’industria nucleare. La nube radioattiva che si sprigionò, si diffuse per il 70% nel territorio della Repubblica bielorussa (la capitale Minsk, Gomel, Mogilev, Grodno e Brest furono le zone più colpite), spinta fino ad un’altitudine di 1.500 metri, con una distribuzione irregolare, a macchia di leopardo. Una porzione di terreno poteva essere altamente pericolosa mentre, a pochi passi, i livelli di radioattività erano decisamente più bassi. Si spostò, poi, verso la Svezia e, con vari livelli di intensità, fece il giro del mondo. Nella zona maggiormente colpita l’inquinamento radioattivo fu pari a duecento volte quello di Hiroshoma e Nagasaki. L’emissione di particelle radioattive continuò per giorni. Provocò la morte immediata di 31 persone, l’evacuazione di altre 135mila e la contaminazione di 160.000 mk di territorio. Gli scienziati stimano che, fino a oggi, per le conseguenze dell’esposizione a radiazioni ionizzanti, un numero di persone compreso tra le 100mila e le 125mila siano morte o malate in maniera incurabile. Il Governo tardò nel dare l’allarme. Solo a novembre il reattore fu sigillato in un sarcofago di cemento armato all’interno del quale si trovano ancora 180 tonnellate di uranio. Il secondo reattore fu spento nel 1991 dopo un incendio. Nel novembre del 1996 fu spento l’ultimo, il numero tre, ma allo smantellamento definitivo dell’impianto si è arrivati solo a dicembre del 2012. Attualmente, più di 260mila chilometri di territorio in Ucraina, Bielorussia e Russia mantengono livelli di cesio elevati; sono abitati da oltre due milioni e mezzo di persone, tra cui seicentomila bambini. Tuttora si tratta di uno dei luoghi più contaminati al mondo.
© 2003 – Romina Gobbo
pubblicato su La Voce dei Berici – Primo Piano – domenica 23 febbraio 2003 – pag. 3