Un senso di secchezza che prende la bocca e gli occhi, un disagio che si allarga, fino a interessare quasi tutte le membra e anche gli organi interni. Un senso di malessere che pervade tutto il corpo, tanto da non riuscire a capire di che cosa si tratta, da non riuscire a spiegarlo neppure al medico di fiducia, e allora la diagnosi diventa veramente difficile. «È un nemico subdolo la Sindrome di Sjögren, perché è ancora poco nota, perché spesso il medico è talmente specializzato che gli sfugge il quadro d’insieme». Spiega così Elisa Tinazzi, medico specialista, assegnista presso l’Unità semplice malattie autoimmuni – di cui è responsabile il professor Claudio Lunardi -, nell’ambito dell’Unità operativa di Medicina interna B del Policlinico “Rossi”, diretto dal professor Roberto Corrocher.
La dottoressa Tinazzi fa parte del direttivo dell’ANIMaSS, Associazione nazionale italiana malati Sindrome di Sjogren, con sede a Verona, di cui è presidente Lucia Marotta, da sei anni affetta dalla malattia; la signora Marotta ha deciso di fondare un’associazione per sensibilizzare i medici di base, il Servizio sanitario nazionale e, più in generale, la gente. Oltre che per fornire una guida ai malati, circa 1.500 in Italia, di cui 400 nel Veneto e una settantina a Verona. «Se si sa che esiste questa malattia e se ne riconoscono i sintomi – spiega la signora Marotta – si evita al malato il continuo pellegrinaggio da specialista a specialista come è capitato a me». Recentemente hanno aderito all’associazione anche il professor Claudio Lunardi e il professor Roberto Corrocher.
Dottoressa Tinazzi, cos’è la Sindrome di Sjögren?
«È una patologia autoimmune, ovvero una malattia che fa sì che il nostro sistema immunitario riconosca come estranee alcune parti del nostro organismo – spiega -. È una malattia relativamente rara, cioè poco frequente, di cui non si conosce, come per la maggior parte di queste malattie, la causa scatenante, anche se, come spesso succede, essa può insorgere come conseguenza di una forma virale. Le manifestazioni più tipiche sono la secchezza del cavo orale (xerostomia) – a cui si accompagna a volte anche un’ipertrofia (gonfiore) delle parotidi, le ghiandole salivari maggiori -, e la secchezza oculare (cheratocongiuntivite secca o KCS) che, se non curata per tempo, può complicarsi anche fino all’ulcerazione corneale. In generale, possiamo considerare a rischio tutte le parti del corpo che necessitano di idratazione, come naso, gola, vie respiratorie, pelle, vagina, vescica…; in pratica, dove vi sono ghiandole esocrine. Ma possono esserci anche problemi all’apparato digerente, ai reni, ai muscoli e ai polmoni: per questo la Sindrome di Sjögren viene anche definita malattia reumatica. È una malattia prevalentemente femminile. Può essere primitiva, cioè esistere da sola, o secondaria, cioè manifestarsi in associazione con qualche altra patologia autoimmune come l’artrite reumatoide».
La malattia è prevalentemente femminile per qualche ragione particolare?
«In realtà, quasi tutte le malattie autoimmuni presentano un’incidenza maggiore nella popolazione femminile, ma per quanto ne sappiamo non vi è una causa ormonale».
In quale età si manifesta?
«Forse proprio il fatto che come patologia la Sindrome rimane abbastanza sconosciuta. E, quando la vediamo, di solito è associata ad altre patologie autoimmuni, per cui la cura è subordinata alla terapia dell’altra patologia per la quale il paziente è in cura e che può coprire i sintomi della Sindrome di Sjögren. Oltre alle manifestazioni più classiche – come detto, la secchezza del cavo orale e degli occhi -, possono esserci anche disturbi della sfera genitale, perché anche le ghiandole della cervice possono seccarsi. Molto spesso alcune persone sono arrivate a una diagnosi partendo da questo problema, che magari si è esasperato dopo la menopausa».
La diagnosi, perciò, è resa complessa dal fatto di sviluppare sintomi difficilmente riconducibili subito alla Sindrome di Sjögren.
«Ci sono persone che magari all’esordio hanno semplicemente un’alterazione della funzionalità renale dovuta all’enteropatia intestinale, che provoca una diuresi più abbondante spesso conseguenza anche di un maggior introito idrico, aumentato per far fronte alla secchezza del cavo orale. I sintomi possono essere vari. Ci sono criteri diagnostici molto precisi come il test di Shirmer, che determina la quantità e qualità del film lacrimale. Si può aggirare l’ostacolo della diagnosi ricorrendo alla biopsia delle ghiandole salivari che, anche quando sono ecostrutturalmente normali, possono già avere un infiltrato linfocitario, cioè infiammatorio. Il problema di fondo è che, come per tutte le malattie autoimmuni, innanzitutto bisogna pensarci. Le malattie autoimmuni sono croniche, cioè la cura dura praticamente quanto la vita della persona malata; i sintomi possono modificarsi nell’arco del tempo, perché sono ad andamento fluttuante, possono esserci miglioramenti o esacerbazioni periodici, anche sotto regime terapeutico, per cui è necessario adeguare volta per volta la terapia. E forse c’è, purtroppo, anche una carenza strutturale nostra, ovvero la poca comunicazione fra medici: l’oculista vede la secchezza oculare, ma si ferma lì, anche perché il paziente che va dall’oculista parla solo dei problemi alla vista. Perciò se il paziente non arriva all’attenzione di un internista, di un reumatologo o di un immunologo, non si riesce a tracciare un quadro completo dei sintomi e quindi non si arriva alla diagnosi».
In Regione è stata presentata dall’ANIMaSS una richiesta per il riconoscimento della Sindrome di Sjögren come malattia rara. Questo riconoscimento porterebbe qualche beneficio?
«Sì, il riconoscimento di malattia rara porterebbe dei vantaggi. La sintomatologia dolorosa sia articolare che muscolare, per esempio, trarrebbe notevole beneficio da un approccio di fisiocinesiterapia, però, se non hai superato i 65 anni, e non hai un reddito basso, non hai diritto all’esonero del ticket. Ci sono parecchie limitazioni, insomma, non solo per la Sindrome di Sjögren, ma per tante altre malattie autoimmuni. Poiché le malattie autoimmuni tendono a essere presenti contemporaneamente, il paziente può avvantaggiarsi delle esenzioni dell’una e dell’altra, ma spesso neppure così si riesce a coprire tutta la sfera che sarebbe necessario indagare. È riduttivo dire che il problema riguarda solo ghiandole salivari e ghiandole lacrimali. Ci sono tutta una serie di altri organi che vanno tenuti sotto controllo».
Si può arrivare ad avere una buona qualità di vita?
«Anche qui le situazioni sono molto variabili. Ci sono parecchi strumenti terapeutici: i corticosteroidi, che servono a diminuire l’attività infiammatoria negli organi bersaglio, oppure alcuni immunosoppressori, che inibiscono il sistema immunitario, ma non esiste una terapia eziologica, perché non sappiamo ancora cos’è l’elemento scatenante della Sindrome. Sicuramente c’è una predisposizione genetica, ma non vuol dire ereditarietà. Nelle malattie autoimmuni non si eredita mai nulla, si eredita eventualmente dai genitori una predisposizione».
Scopo principale dell’ANIMaSS è l’istituzione di borse di studio per ricercatori, perché il fine ultimo è trovare un modo per rendere la malattia guaribile.
«In realtà, la ricerca c’è, solo che non è organizzata molto bene. E comunque riuscire a capire i messaggi che il sistema immunitario mette in atto per sostenere questo stato infiammatorio è abbastanza complesso. Quindi la necessità di studi sulla malattia c’è; la necessità dei fondi per la ricerca, anche. L’associazione è nata con un duplice obiettivo: assistenza al malato nel senso di disponibilità da parte di un gruppo di medici, ma anche disponibilità di una serie di pazienti a farsi monitorare costantemente. E poi l’altra opzione è proprio quella di reperire fondi per sostenere la ricerca. Nell’ultimo direttivo si discuteva di creare un’attività di ginnastica di gruppo e un’assistenza psicologica. Le malattie autoimmuni rappresentano ancora una grossa sfida. Penso che ci sia ancora tanto da imparare, tanto da studiare, quindi tante risposte da dare. È vero che la sofferenza è uguale per tutti i malati, però le persone che hanno una patologia cronica, hanno bisogno di un supporto diverso. Con loro devi fare un cammino. Si instaura un tipo di rapporto diverso, perché li vedi periodicamente e perché il fatto di convivere con una patologia cronica a volte crea loro degli squilibri psicologici. È importante anche conoscere il vissuto del paziente. Quindi ti senti ancora di più in dovere di dare una mano, di fare quello che puoi». Attualmente il direttivo dell’associazione è composto dalla presidente e tesoriera Lucia Marotta, dalla vicepresidente Maria Enrica Possa, dalla segretaria Caterina Alfonsi, dalla consigliera dottoressa Elisa Tinazzi e dal consigliere spirituale padre Luciano Cescon.
Chi è affetto dalla Sindrome di Sjogren può telefonare a Lucia Marotta, presidente nazionale ANIMaSS (sede legale c/o Cooperativa sociale Galileo, via A. Cristofoli, 33 – Verona), al numero 333/8386993, oppure inviare una e-mail a animass@csgalileo.com. E’ anche attivo il sito web http://www.csgalileo.com/animass.
© 2005 Romina Gobbo
pubblicato su La Salute e la Città – anno III – n. 4 – Dicembre 2005