Anche le mummie hanno i tatuaggi

tatuaggioTatoo, piercing, branding, scaring (ovvero tatuare, forare, “marchiare” e incidere la pelle): termini esotici a indicare quello che l’uomo ama fare dalla notte dei tempi, cioè abbellire il proprio corpo. La body art affonda le radici nella storia dell’umanità. Mummie egizie, vecchie più di 2.000 anni, presentano dei tatuaggi. La loro diffusione in Occidente si deve all’inglese James Cook che, nelle sue esplorazioni, venne a contatto con gli indigeni polinesiani, sui cui corpi erano disegnati i “tattau” (in italiano “segni”), da cui “tatoo”. Tra le popolazioni più “primitive” le decorazioni hanno ancora significati importanti: raccontano i passaggi fondamentali della vita di una persona, la tribù di appartenenza, il rango sociale, lo stato coniugale, oppure sono connessi alla magia e alla medicina. Per noi occidentali i piattelli labiali delle donne etiopi, i collari delle donne-giraffa birmane, le scarnificazioni facciali, sono solo un’atroce sofferenza. Ed è proprio la componente della sofferenza a determinare una netta spaccatura fra il tatuaggio odierno di stampo occidentale e quello del passato, ancora diffuso in Asia, Africa e piercing-milanoOceania. In tali contesti l’esperienza del dolore è fondamentale, in quanto avvicina l’individuo alla morte e la sopportazione del dolore diventa esorcizzante nei confronti della stessa. Da noi il tatuaggio è stato dapprima un segno distintivo di categorie quali galeotti e marinai. Oggi è semplicemente una moda, trainata da donne e uomini dello spettacolo. Andando un po’ più in profondità, l’applicazione di segni indelebili – o quasi – sulla pelle, serve a tirare fuori quello che si ha dentro, trasformando il proprio corpo in soggetto di comunicazione. Ci si tatua quando nasce un amore o quando finisce, per fissare nella memoria un momento particolare della vita, o per dimenticarlo. Le donne spesso utilizzano i disegni per sedurre, mentre gli uomini manifestano, così, forza e virilità. Finché body art significa una farfallina sulla spalla o un anellino all’ombelico, passi. Ma dipingersi la maggior parte della superficie del corpo o ricoprirsi di piercing, è un viaggio ossessivo alla ricerca della modifica di sé.

© 2008 Romina Gobbo 
pubblicato su Corriere Vicentino – anno XI – n. 9 – Settembre 2008

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