L’esercito di quelli del “se”

“Se potessi permettermelo, andrei a vivere da solo”. “Se il mio stipendio fosse più alto, comprerei casa”. “Se avessi un lavoro fisso, sposerei Claudia”. Parola di bamboccione o mammone, che dir si voglia. Sono un esercito in Italia quelli del “se”. Ovvero quelli per i quali tutto è demandato al futuro. Hanno dai 25 ai 45 anni, sono quelli che non se ne vanno mai. E anche quando se ne vanno… non se ne vanno abbastanza. Perché mamma va a pulire loro l’appartamento, lava e stira la biancheria e continua a fare quei deliziosi manicaretti, come solo lei sa fare. Con buona pace di qualsiasi potenziale fidanzata, che non sarà mai all’altezza. Le madri italiane sono legate a schemi tradizionali, scorretti dal punto di vista educativo (i maschi, per esempio, sono per lo più esonerati dai lavori domestici) e i figli faticano ad assumersi responsabilità. Così si parla di ragazzi almeno fino a trent’anni; a quaranta professionisti in erba; a cinquanta di giovani promesse. “Costretti” in un ruolo adolescenziale protratto all’infinito, i giovani di oggi non sono mai abbastanza maturi per ruoli significativi. Dal notariato alla magistratura, dalla pubblica amministrazione alla ricerca e all’università, non c’è settore che non registri un preoccupante avanzamento nell’anagrafe. E ne soffre il potenziale innovativo della società. L’investimento dei genitori sui figli è molto alto, ma è più teso ad aumentarne il tenore di vita che non a renderli autonomi. D’altra parte, i giovani italiani, a differenza dei loro colleghi europei, non sentono il bisogno di affiancare allo studio un lavoro remunerato, di affrancarsi dal tepore domestico, tantomeno di mettere su famiglia in condizioni “economicamente avventurose”. Si può cambiare questa tendenza? Se il sistema formativo imponesse un ritmo; se il mercato del lavoro fosse più aperto; se le famiglie non fossero indotte a sostituirsi allo stato sociale; se fosse obbligatoria per tutti un’esperienza all’estero… se, se, se… Se i nostri antenati di fossero fermati ai “se”, saremmo ancora nelle grotte con le clave.

© 2008 Romina Gobbo 
pubblicato su Corriere Vicentino – anno IX – n. 11 – Novembre 2008

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: