L’ha voluta intitolare “Senzadonne” una delle sue trasmissioni, Riccardo Iacona, autore e conduttore di Presa Diretta su Rai3. Perché, dice “l’Italia è un Paese che rinuncia al 50% dell’intelligenza, della capacità e della passione delle donne”. Insomma, sempre la stessa storia. Le donne in Italia contano pochissimo e sono bassissime le percentuali di presenza femminile nei posti di comando della società, dato che l’Italia si pone come il fanalino di coda tra i Paesi occidentali per quanto attiene all’occupazione femminile (il 46%). Questo mentre a breve negli Stati Uniti il numero delle donne occupate sorpasserà quello degli uomini e in Europa l’obiettivo di Lisbona (il 60% di occupazione entro il 2010) è sostanzialmente raggiunto, con una media che si attesta al 58,6%. Le donne rappresentano un terzo della forza lavoro del pianeta ed eseguono circa i quattro quinti del lavoro informale, tuttava non ricevono più del 10% del reddito e possiedono meno dell’1% della proprietà. E non vengono inserite nei posti di comando: le loro carriere sono bloccate a un livello medio-basso. Solo il 13% dei dirigenti è donna, c’è solo il 6,2% di donne nei Consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa. Ma dove la scarsità della presenza femminile è ancora più vistosa è nella politica. Gli esperti prevedono che la strada verso la parità dei sessi nei parlamenti non sarà raggiunta prima del 2068. In Italia, poi, c’è un altro elemento che “rema contro” le donne lavoratrici: la maternità, che rappresenta uno spartiacque. Una su quattro sceglie di uscire dal mercato del lavoro dopo la nascita di un figlio. Anche perché la carenza di servizi adeguati difficilmente consente il doppio ruolo. C’è, però, un settore in cui le donne non hanno rivali, quello di cura, domestico e parentale, che non ha alcun riconoscimento e non viene rilevato da alcun indice economico. Grava per l’80% sulle spalle femminili e porta l’orario lavorativo delle donne italiane sommando attività professionali e familiari, a ben 60 ore medie settimanali.
© 2010 Romina Gobbo
pubblicato su Corriere Vicentino – anno XI – n. 10 – Ottobre 2010