«Era così bravo che faceva un tempo in una squadra e un tempo nell’altra, perché chi giocava con lui, vinceva», parola di Alberto Laggia, oggi giornalista di Famiglia Cristiana, ieri uno dei ragazzi della Cipressina, la parrocchia di Mestre dove mons. Beniamino Pizziol ha esercitato da giovane prete. Erano gli anni Settanta. «Era un quartiere operaio, i ragazzi erano un po’ lasciati a sé stessi. Ho sentito che dovevo farmene carico, e quale modo migliore di giocare a calcio? La domenica alle 15 ero in campo con loro. È sempre stata la mia passione», dice mons. Pizziol. Anche più di una passione, visto che negli anni ’63-’65, a sedici anni, giocava nel vivaio del venezia; all’epoca la squadra professionista del Venezia era in serie A. «giocavamo al mattino, dopo la messa delle 8, allo stadio “Penzo” di Venezia. La partita di serie A era il pomeriggio alle 14, ma la gente veniva già al mattino a prendersi il posto e noi facevamo una pre-partita, dopo, il pomeriggio, andavamo a fare i raccattapalle. Non sono mai stato un professionista, ma l’allenatore mi considerava promtettente. Io, però, ho scelto il seminario». Tuttavia, i tacchetti al chiodo, mons. Pizziol li ha appesi da pochissimo. «In seminario si giocava sempre, durante la ricreazione. Mi è sempre piaciuto tantissimo. Ho continuato fino a sei anni fa, quando hanno inaugurato il nuovo centro pastorale di Zelarino. Abbiamo fatto una partita tra preti e politici del nostro comune. Avevo già 56 anni, ma la gente diceva: “Si vede che sa giocare”. Abbiamo chiuso 3 a 3, e 2 gol li avevo segnati io. poi, ai rigori abbiamo perso 5 a 4». E adesso? «Adesso manca il respiro, sono fuori allenamento». Alla Cipressina, mons. Pizziol ha lasciato il segno. «Eravamo tanti ragazzi a frequentarlo, poi ognuno di noi ha preso la sua strada – dice Nicola -, ma una certa sensibilità, la capacità di discernimento, di riflettere, tutte queste cose ce le ha insegnate lui, e sono rimaste dentro di noi». L’attività sportiva è una costante nella vita del nuovo vescovo di Vicenza. C’è un’esperienza come insegnante di educazione fisica; la vocazione l’ha maturata in un campo da basket». «E anche a ping pong era bravissimo, imbattibile», aggiunge Luciano. «Ero io – riprende Alberto – ad arrivare in finale con Aristodemo (è questo il nome di battesimo di mons. Pizziol e, alla Cipressina, per tutti è sempre stato Aristodemo), ma poi perdevo regolarmente. Quando giocavamo, c’erano almeno cinquanta persone a guardare questa curiosa partita tra lo sbarbato, che ero io, e il prete giovane, straordinariamente bravo». Chi ha fatto dello sport la passione di una vita, non può restare indifferente davanti allo scandalo che sta travolgendo il mondo del calcio. «Non esiste più lo sport come divertimento gratuito, come misura della propria capacità di autocontrollo, sviluppo della dimensione atletica, unità tra un corpo sano e una mente sana; non esiste più lo sport come ricerca positiva di una conquista, di un successo, dentro a una dimensione dello spirito e del corpo, una dimensione alta. Oggi tutto questo si è perso: oggi conta solo la vittoria a tutti i costi, perché alla vittoria è legato un grande compenso». Se, poi, si aggiunge che lo sport diventa occasione di scommessa con cifre consistenti di soldi, è chiaro che il rischio è che ci siano persone che, pur di ottenere una vincita economica, sono disposti a mortificare e umiliare la dimensione sportiva sia dei singoli, sia delle squadre, sia dello sport nella sua interezza. Auspico che questa dimensione negativa, che riguarda le competizioni sportive professionali, non intacchi anche lo sport dei gruppi giovanili, nei campetti, nelle palestre, dove ognuno è giusto che vada con le proprie risorse, con le proprie capacità, cercando di migliorarle, ma senza dover fare uso di mezzi tecnici o farmacologici, per supportare quello che non si riesce a dare con il proprio essere». Anche la vita di mons. Pizziol ha in qualche modo a che fare con lo sport, lui l’ha paragonata a una salita con tornanti, l’ultimo dei quali, l’ottavo, è stato la nomina a vescovo di Vicenza. Un passato da centromediano, un futuro da punta.
© 2011 Romina Gobbo
pubblicato su La Voce dei Berici – domenica 19 giugno 2011