Se la Chiesa tace, la società si impoverisce

Martedì 24 gennaio, in occasione della Festa di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, Giovanni Maria Vian, direttore dell’Osservatore Romano, interverrà alla tavola rotonda, dal titolo “Politica, welfare, economia: la Chiesa tra silenzio e parola”, organizzata, alle 20.30, a Vicenza, nel salone d’onore del Palazzo delle Opere Sociali (piazza Duomo), dall’Ufficio diocesano delle comunicazioni sociali, dall’Unione stampa cattolica, sezione di Vicenza, e dal nostro settimanale. Assieme a lui, Paolo Possamai, direttore del Piccolo di Trieste, e il nostro direttore, Lauro Paoletto. Modera Giandomenico Cortese, presidente Ucsi vicentina. La tavola rotonda sarà preceduta, alle 19, nell’Oratorio del Gonfalone, (sempre in piazza Duomo), dalla messa con gli operatori della comunicazione, presieduta dal vescovo mons. Beniamino Pizziol. Con il direttore dell’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, cerchiamo di sviscerare l’argomento della tavola rotonda.

Direttore, ogni tanto la questione ritorna. Qualcuno accusa la Chiesa di ingerenza negli affari dello Stato laico. Chiariamo: la Chiesa ha diritto o no di intervenire nel dibattito pubblico?

«La Chiesa, come qualsiasi altra Istituzione, che rispetta le regole del vivere civile, ha libertà di parola; è un diritto riconosciuto da qualsiasi costituzione liberale democratica. Soltanto in regimi illiberali si toglie la parola a qualcuno. Per cui, certo che la Chiesa può intervenire, e quando interviene, è sbagliato parlare di ingerenza, di cui, tra l’altro, si parla, a seconda dell’intervento che essa fa. Se quello che dice, va bene a una parte politica, l’altra parte grida all’ingerenza, e viceversa. Ma francamente nella storia italiana, non vedo proprio alcuna ingerenza della Chiesa nella vita del Paese. È presente come tanti altri organismi. Perché, oltre che essere un’espressione teologica, è anche l’espressione sociale di una credenza religiosa, che è parte fondamentale dell’Italia. Senza la Chiesa, il nostro Paese non sarebbe quello che è, di sicuro non sarebbe un Paese migliore, anzi».

Il cardinale Bagnsco ebbe a dire: «La Chiesa è un popolo, sta sempre in mezzo alla gente», con i suoi vescovi, i suoi parroci, i suoi religiosi… Essere popolo fa sì che «la Chiesa conosca i problemi della gente meglio di chiunque altro». È in virtù di questa vicinanza che la Chiesa ha il diritto di parlare?

«Sicuramente. Soprattutto nei centri minori, nelle città di medie dimensioni, la figura del prete, del parroco, è una figura importante. Prendiamo il recente naufragio della Concordia di fronte all’isola del Giglio. Anche in questa occasione, si è vista la reazione dei cattolici, della Chiesa, si sono aperte le porte della parrocchia. Lo ha evidenziato anche El Pais, il primo quotidiano spagnolo, che non è certo un giornale filo-cattolico, però è un giornale molto serio. I fatti sono una risposta. La Chiesa è vicina alla gente, è parte del popolo, attraverso i suoi membri, i suoi preti, i suoi fedeli».

Parlando di parroci, ovvero di chi è più vicino alla comunità, questi devono o possono intervenire sulle questioni laiche? Mi spiego: il prete può contestare l’operato di un’amministrazione comunale, prendere posizione, che ne so, contro la realizzazione di una discarica? Qui a Vicenza, in occasione della questione Dal Molin, una parte del clero ha preso una posizione contro, molto netta.

«Bisogna vedere caso per caso. Tante volte, la Chiesa, pur avendo diritto di intervenire, non deve; la Chiesa non è un partito, né pretende di avere soluzioni tecniche. Casomai, spetta alle mediazioni dei fedeli l’applicazione del vangelo, ovvero far discendere dalla fede dei comportamenti, non solo personali, ma anche collettivi. Questo non significa che i cattolici debbano avere un’unica voce. Su alcune questioni sì – la difesa della vita umana nel suo complesso, la promozione della giustizia, l’educazione, la tutela dei minori, il contrasto nei confronti delle moderne forme di schiavitù, il diritto alla libertà religiosa, l’economia al servizio della persona… -; sono i valori irrinunciabili, rispetto ai quali ci si aspetta coerenza. Sono esigenze etiche fondamentali e si auspicherebbe che un politico cattolico, ma anche un elettore cattolico orientasse il suo voto in coerenza».

Spesso la contestazione è sulle questioni bioetiche. Si tende a far passare la Chiesa come conservatrice, non aperta a una lettura moderna.

«La Chiesa oscurantista è una leggenda, un luogo comune. È importante che questi temi non vengano relegati soltanto all’interno di recinti confessionali. A questo fine, sono molto utili i comitati di bioetica. La protezione della vita umana, o un’economia che rispetti l’etica, non sono solo affari dei cattolici. Ci possono essere molte battaglie, comuni con i non cattolici, anche con i non cristiani. Certo, non sono battaglie facili, ma lo stesso Papa ha più volte detto ai giovani: “Non abbiate paura di andare controcorrente”. Senza arroganza, senza toni perentori, che servono solo a inasprire le posizioni».

Da domani mattina la Chiesa tace. Che succede?

«Forse qualcuno all’inizio sarebbe contento, molti probabilmente non se ne accorgerebbero, e questo deve interrogare i cattolici; se nessuno si accorge della nostra mancanza, vuol dire che siamo diventati insapori, siamo diventati un sale che non sala più. Però alla lunga io credo che della voce della Chiesa e dei cattolici si sentirebbe la mancanza. Se da domani la Chiesa tace, di sicuro si impoverisce la società».

© 2012 Romina Gobbo 

pubblicato su La Voce dei Berici – domenica 22 gennaio 2012 – pag. 14

 

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