Vicenza, Teatro Comunale. Pollice verso e l’uomo “bellissimo e vile” è messo a morte

Mentre ascoltavo Monica Guerritore interpretare Senso (Avevo sposato il mare… avevo bisogno… di amare), la novella di Camillo Boito, pubblicata nella raccolta Storielle vane, del 1883 dall’editore Treves, e che deve la sua notorietà alla splendida trasposizione cinematografica che ne fece Luchino Visconti, nel 1954 (protagonisti Alida Valli e Farley Granger), mi domandavo perché questi testi non vengano letti nelle scuole. Si tratta di uno tra i racconti più intensi e suggestivi dell’Ottocento italiano e, soprattutto è di grande attualità. Che la passione possa portare alla follia, è cronaca di tutti i giorni. Credo che i ragazzi apprezzerebbero, fosse anche solo per l’originalità di una rappresentazione così moderna e spregiudicata della femminilità, che non ha molti paragoni nell’Italia letteraria dell’epoca. Certo, questo “monologo ad alta temperatura drammatica e con risvolti ad effetti sorprendenti” – come viene definito -, sembra nato per essere destinato al palcoscenico. Così come la Guerritore, giovedì 19 febbraio, nel ridotto del Teatro Comunale di Vicenza, sembrava nata per interpretarlo. La bellezza e la sensualità di quest’artista di oltre cinquant’anni, hanno reso perfetto per lei il ruolo della contessa Livia Serpieri, nonostante in qualche momento la recitazione sia stata un po’ fiacca e l’acustica non eccellente.

La nobildonna veneziana a distanza di quasi vent’anni, decide di raccontare sé stessa, in una sorta di autoanalisi, la sua giovanile passione amorosa, totalizzante per il tenente austriaco Remigio Ruz. Lo fa con sincerità, senza tacere nulla e, mentre parla di quest’uomo “bellissimo e vile”, pare di vedere il fremito del suo cuore. Le parole rendono immortale il sentimento che, però, si conclude con un tragico epilogo. E qui le similitudini con la realtà sarebbero davvero tante se non fosse che nella novella di Boito è l’uomo a rimetterci la vita. Umiliata, avendo capito che Remigio mirava soltanto a ottenere da lei il denaro per poter disertare, Livia lo denuncia alle autorità militari austriache, che lo condannano a morte. L’orgoglio femminile ferito è tutto racchiuso nel periodo codificato a pagina 13 della novella: “Così il mio spirito nell’umiliarsi si esalta; (…) c’è nella mia debolezza una forza audace; somiglio alle romane antiche, a quelle che giravano il pollice verso terra”. Il binomio amore-morte, tema caro alla Scapigliatura (movimento artistico e letterario dell’epoca, animato dallo spirito di ribellione nei confronti della cultura tradizionale e del perbenismo borghese, ndr). Sullo sfondo, restano il Risorgimento e un paesaggio che si dipana fra Trento, Venezia e Verona, in pieno Impero asburgico, ovvero un pezzo di Mitteleuropa nel cuore del romanticismo italiano. Un romanticismo ben sottolineato dalla leggerezza delle mani di Antonio Ballista che, al piano, ha accompagnato la protagonista, con musiche di Grieg, Puccini, Wagner, Schumann, Chopin, Liszt. Lo spettacolo nasce da un progetto di Giacomo Bottino, che firma anche la drammaturgia della messa in scena; è una co-produzione Parmaconcerti-La Terza Isola. Grande entusiasmo del pubblico, in buona parte femminile, con applausi ripetuti.

© 2012 Romina Gobbo

pubblicato su La Voce dei Berici – domenica 19 febbraio 2012

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