«Dagli incontri alle mostre fotografiche, dalle fiaccolate alle feste, dai momenti di condivisione del cibo alle veglie; insomma, alle comunità locali la fantasia non manca». Sono alcune delle iniziative organizzate dalle (finora) 142 associazioni – una ventina in più dello scorso anno – che hanno aderito alla 12esima Giornata del dialogo cristiano-islamico, che si celebra ogni anno, il 27 ottobre (la data, in un primo momento coincidente con l’ultimo giorno di Ramadan, fu poi fissata al 27 ottobre, in ricordo della Giornata mondiale di preghiera per la pace convocata ad Assisi da Giovanni Paolo II, a cui parteciparono i rappresentanti di tutte le grandi religioni mondiali). Questa edizione, intitolata “Libertà religiosa, base della convivenza civile – Un unico Dio, una sola umanità, diritti umani per tutti e tutte”, è stata presentata giovedì 24 al Senato della Repubblica.
Un aumento di adesioni che trova soddisfatto Giovanni Sarubbi, direttore di dialogo.org (testata web di ispirazione cristiana, con sede a Monteforte Irpino, Avellino), tra i promotori della Giornata, insieme alla rivista Confronti. «Il tema di quest’anno – spiega Sarubbi – è nato riflettendo sulla “guerra infinita”, iniziata l’11 settembre 2001 e tuttora in corso. Un paio di mesi dopo l’attacco dell’Afghanistan, lanciammo questa Giornata, per impedire che la guerra facesse fallire qualsiasi possibilità di dialogo fra cristiani e musulmani. La pace è, dunque, parte integrante della nostra impostazione di fondo, infatti abbiamo aderito all’iniziativa del 7 settembre scorso, di papa Francesco. Dall’altro lato, ci rendiamo conto che urgente e drammatico è anche il tema della libertà religiosa che, nonostante quanto previsto dalla nostra Costituzione (artt. 3, 8, 19, 20) – e, sul paino religioso, raccomandato da documenti quali la Nostra Aetate e la Carta ecumenica – resta ancora largamente disattesa. Manca una legge attuativa delle norme costituzionali che superi la normativa dei “culti ammessi”, che sono una triste eredità del fascismo. Perciò, mentre sulla carta tutto è molto chiaro, la pratica vede – soprattutto nelle zone a maggioranza leghista – mobilitazione dei “cristiani della domenica” (come li chiamerebbe papa Francesco) contro la costruzione di moschee, o altre amenità del genere, in uno spirito sicuramente contrario a quello del Vaticano II. Proprio per questo è emersa l’esigenza di rimettere al centro il tema della libertà religiosa, base della convivenza civile».
Resta anche aperta la questione delle intese, in attuazione dell’art. 8 della Costituzione.
«Certo, anch’essa ha avuto e ha tuttora notevoli ritardi, a causa dell’ostruzionismo di alcune forze politiche. Per esempio, l’intesa con l’Islam, che oggi rappresenta la seconda confessone del nostro Paese, non è ancora neppure in cantiere, nonostante le proposte delle associazioni islamiche».
Forse il nodo sta proprio qui, nella molteplicità delle associazioni islamiche.
«Si invoca spesso questa divisione e difficoltà di trovare un unico interlocutore. Però si potrebbero anche chiudere più intese con le associazioni più rappresentative. In fondo, lo Stato italiano ha firmato intese con i mormoni – 30mila persone – e anche con i buddisti, anch’essi una minoranza».
© 2013 – Romina Gobbo
pubblicato su La Voce dei Berici – domenica 27 ottobre 2013 – pag. 5