«In Palestina non c’è assistenza sanitaria pubblica, né previdenza sociale. Parliamo di uno Stato nato dopo la seconda Intifada, negli anni 2000-2002. Ed è uno Stato senza confini propri, la gente non è libera di muoversi; luce ed acqua vengono comprate da Israele. Ecco perché noi, come missione francescana, dobbiamo farci carico delle tante situazioni di fragilità». A parlare è Vincenzo Bellomo, coordinatore a Betlemme per i progetti di solidarietà della Custodia di Terra Santa e dell’associazione Terra Santa, la Ong della stessa Custodia. Vincenzo, siciliano, è a Betlemme da 8 anni, è sposato con una ragazza del posto, e sono genitori di due gemelli di 14 mesi.
Incontrato nel suo ufficio, dietro il convento della Natività, racconta la difficile situazione di vivere chiusi in un ghetto. «Dal ghetto puoi uscire solo in certi orari: chi lavora, può uscire dalle 5 del mattino alle 6 del pomeriggio. Ma il lavoro dipende dai permessi. Molti betlemiti, dopo la costruzione del muro, non sono più potuti andare in Israele; e chi ancora ha un lavoro, ha grosse difficoltà a mantenerlo, per le file ai check point. Lunghi controlli che spesso fanno tardare. Così, la disoccupazione ha ormai superato il 40%, mentre gli aiuti internazionali sono calati a causa della crisi mondiale. Ma alla situazione sociale pesante, si aggiunge quella psicologica. I giovani cristiani non possono andare a Gerusalemme, a pregare nei loro Luoghi santi. La chiusura rende i ragazzi arrabbiati e preda della violenza. Io stesso, con mia moglie, non posso uscire. Lei ha anche il passaporto italiano, ma ai palestinesi gli israeliani non riconoscono la seconda cittadinanza».
Non ti viene voglia di prendere la tua famiglia e andartene?
«Io ho grande passione per il mio lavoro. E poi, se ce ne andiamo tutti, la gente qui resta sola. Questa è una terra che ci appartiene, questa è la terra di tutti i cristiani, come degli ebrei e dei musulmani. Nessuno può avere la pretesa di essere l’unico, altrimenti rischiamo di tornare alle crociate. Noi qui siamo anche le antenne per tutti i cristiani del mondo. I cristiani complessivamente sono sui 2 miliardi, se perdiamo l’attaccamento alle radici, perdiamo anche la nostra fede. Qui siamo e qui resteremo».
Cosa pensi della visita del Papa?
«Il Papa saprà infonderci fede e speranza. In questa terra, noi siamo chiamati ad amare. E’ un amore – a volte duro, difficile -, ma dobbiamo amare».
Sono gli anziani lo specchio di un Paese in profonda crisi politica e sociale. Infatti, mentre molti giovani scelgono di emigrare, gli anziani rimangono, non solo perché non hanno la forza fisica per andarsene, ma anche perché a Betlemme hanno le loro radici. “Sono i più soli e i più poveri, perché i loro figli sono lontani. Diamo loro assistenza, perché senza di noi non avrebbero nessuno, e, d’altra parte, loro ci aiutano a recuperare una storia che ci appartiene”, continua Vincenzo.
Maria mendicava per la strada vestita da suora; Marta, 64 anni, affetta da una malattia congenita, è stata abbandonata dalla famiglia quand’era piccolissima. Maria e Marta vivono nella casa di riposo di Betlemme. Cinque suore di varia nazionalità, assieme ad alcuni operatori sociali e volontari, assistono, lavano, danno da mangiare, offrono cure mediche e tengono compagnia, ogni giorno e ogni notte, a circa 40 donne anziane.
La Casa di riposo è un progetto della Custodia, in collaborazione con la parrocchia di Santa Caterina. Perché, si legge nel sito della Custodia, “quando qualcuno pensa a Betlemme, pensa innanzitutto che è il luogo dove è nato Gesù. Pensa ai tanti bambini che sono nati e continuano a crescere qui, in questa terra, tanto santa, quanto piena di contraddizioni. Ma Betlemme non è solo un luogo di nascita, è anche un luogo dove la gente cresce, diventa adulta, e invecchia”.
© 2014 Romina Gobbo
da Betlemme
pubblicato su La Voce dei Berici – speciale Pellegrini con Francesco – domenica 25 maggio 2014