«Sono stati mesi duri, cercavamo di ricreare un po’ la normalità, nonostante i militari armati fossero sempre con noi. Ritornare alle nostre attività ci ha aiutato a vivere l’attesa»: così don Leopoldo Rossi che in questi due mesi si è occupato prevalentemente della parrocchia di Loulou, dove era arrivato nel 2011.
«In un primo momento, la gente stentava a capire. Trattavano la cosa come semplice banditismo, che in queste zone non è raro. Perciò, quando siamo stati trasferiti a Maroua, erano stupiti. Poi, piano piano, hanno cominciato a capire la gravità della situazione. Fin da subito avevamo spiegato che, al momento della liberazione, saremmo rientrati in Italia per un momento di discernimento. Certo, erano tristi per la nostra partenza».
Come Maurizio, anche tu speri di tornare presto in Cameroun?
«La partenza improvvisa è stata una brutta cosa. Siamo venuti via così in fretta. Tornerei per un saluto decoroso. Questo lo desidero tanto».
Mai avuto paura?
«È difficile rispondere. La paura era per i rapiti. Noi ci sentivamo abbastanza protetti, almeno consciamente. Inconsciamente… mah. Diciamo che ho dormito meglio stanotte a casa mia».
Che dire a don Gianantonio, don Giampaolo e suor Gilbèrte?
«Più che dire qualcosa, ancora un abbraccio. Un abbraccio di bentornato, di lode e di ringraziamento al Signore».
© 2014 Romina Gobbo
pubblicato su La Voce dei Berici – domenica 8 giugno 2014