«Per me il teatro è l’attraversamento del buio, che sta dentro di noi. L’arte riesce a far luce là dove questa oscurità perpetua. E questo tipo di intervento è ancora più significativo in questo affascinante teatro, l’Olimpico di Vicenza, costruito a fine Cinquecento, quindi totalmente buio. È necessario portare qui la luce, attraverso un linguaggio nuovo, per raccontare quel classico che rischia di restare nell’oscurità». Così Emma Dante, martedì 16 settembre, alla conferenza stampa di presentazione del 67° Ciclo di spettacoli classici (in programma dal 17 settembre al 26 ottobre 2014 – promosso dal Comune di Vicenza, in collaborazione con la Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza), di cui è direttrice artistica. L’attrice siciliana ha già avuto modo di calcare il palcoscenico vicentino due anni fa, sotto la direzione Nekrosius, interpretando una spettacolare Medea (che verrà riproposta il 22 e 23 ottobre). Ora ritorna da direttrice, con Il viaggio al di qua del confine, un progetto che vuole «stuzzicare la riflessione», e indurre il pubblico «a farsi domande rischiose».
Ma l’Olimpico incute timore a Emma Dante?
«Io non ho paura di questo teatro, sono emozionata, perché questo luogo è stato calpestato da attori morti ormai da 400 anni. Ho sempre avuto una particolare predisposizione alla disubbidienza, soprattutto quando mi misuro con qualcosa di minuscolo, io minuscola davanti all’opera d’arte che è il teatro Olimpico, invece di avere paura, mi faccio prendere da una specie di incoscienza, e azzardo il gioco che mi porta a dialogare con le ombre del passato. Per questo ho accettato questa direzione, per la sfida di mettermi a tu per tu con la maestosità della storia e dell’antica e solida presenza di un’eco lontana».
Il presidente della Fondazione Teatro Comunale, Flavio Albanese, ha ancora una volta ribadito la bontà della scelta di rendere contemporanei i classici. «Non ci dobbiamo preoccupare se qualcuno non capirà – ha detto -, perché questi sono i classici del futuro. Compito nostro è essere contemporanei. Non siamo qui a ripetere, siamo qui ad inventare».
Dopo il successo di Io, Nessuno e Polifemo, di e con Emma Dante, andato in scena in prima assoluta il 17 settembre (con repliche fino al 20), il fine settimana del 26 e 27, ci sarà Ménélas rebétiko rapsodie, del regista armeno Simon Abkarian. Un lavoro che mette per la prima volta in primo piano Menelao, solitamente oscurato dalla figura di Elena. Qui egli può sfogare la sua sofferenza amorosa.
Il 3 e 4 ottobre, sarà la volta di Giulio Cesare. Pezzi staccati. Si tratta di due monologhi speculari firmati da Romeo Castellucci: una performance dentro l’oscurità del corpo umano.
Dal 10 al 12 ottobre, il teatro Olimpico incontrerà l’Opera dei Pupi, ne La pazzia di Orlando, riscrittura di uno dei capitoli più visionari del repertorio dell’Opera, firmata da Mimmo Cuticchio, il più importante erede della tradizione dei cuntisti (cantastorie, ndr) siciliani.
Il 17 e 18 ottobre, il grande regista russo Andrei Konchalovsky allestirà un Edipo a Colono appositamente prodotto per l’Olimpico.
La chiusura del ciclo spetterà alla compagnia veronese Babilonia Teatri con Jesus (il 25 e 26 ottobre), liberamente tratto dai vangeli. Un viaggio per capire dove nasce il bisogno di credere. «Perché – conclude la Dante – mi è piaciuto aprire con gli dei e finire con Dio».
© 2014 Romina Gobbo
pubblicato su La Voce dei Berici – domenica 21 settembre 2014 – pag. 29