Amato: “I santi? Rendono migliore la società”

«I santi sono la pupilla dei nostri occhi; sono dei benefattori, perché con le loro opere rendono più buona la società. Guai, se non ci fossero!». Ha risposto così Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, alla domanda sul perché la nostra epoca ha ancora bisogno di santi. Il cardinale Amato, mercoledì 14 gennaio, memoria liturgica di san Giovanni Antonio Farina (1803-1827), era a Vicenza per presiedere la prima solenne celebrazione in onore del vescovo vicentino – «un segno della protezione del Signore su di noi» -, canonizzato da papa Francesco il 23 novembre scorso. La celebrazione, voluta dalle suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori, congregazione fondata dal Farina, e animata dal coro di Cereda (paese in cui si trasferì dalla natia Gambellara e dove trascorse l’infanzia prima di entrare nel Seminario di Vicenza), si è svolta nella chiesa dei Sacri Cuori, costruita dallo stesso vescovo santo, e recentemente ampliata per accoglierne le spoglie mortali. Ad ascoltare le parole del cardinale, tanti devoti, in preghiera da prima dell’inizio della Messa, davanti alla teca del santo. «La Chiesa vicentina è in festa per la canonizzazione di un suo figlio», ha detto il prefetto, sottolineando come la terra vicentina sia feconda di santi, tra cui Maria Bertilla Boscardin, pure lei dorotea. «Una congregazione che riceve due doni così straordinari, è particolarmente benedetta dal Signore», ha affermato Amato che, nell’omelia, ha ripercorso la figura del santo vescovo. «È la carità la sua virtù suprema, ed è la carità sconfinata del cuore di Dio il contenuto della sua predicazione», ricordando che, da vescovo di Treviso prima, e di Vicenza poi, promosse l’istituzione di associazioni a favore dei poveri. Un «pastore infaticabile», ma anche un «educatore sapiente», prima in seminario, poi nella scuola. A parere di Giovanni Antonio Farina i poveri, gli anziani, le bambine dovrebbero essere seguiti da chi, per vocazione speciale del Signore, sceglie di dedicarsi totalmente all’opera della carità. Proprio per questo, il vescovo vicentino aveva decido di fondare le “dorotee”. E, con la stessa intenzione, il cardinale Amato ha ricordato alle religiose di continuare ad essere «sale della terra e luce del mondo». In risposta, al termine della celebrazione, il saluto finale della superiora generale, suor Emma Dal Maso: «Eminenza, grazie per la sua presenza, che ci ha fatto rivivere l’emozione della canonizzazione. La sua parola fraterna – ha detto – ci esorta a continuare nel cammino di carità eroica indicatoci dal nostro fondatore».

 

© 2015     Romina Gobbo

pubblicato su Avvenire – 16 gennaio 2015

 

 

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