Il campo sull’Everest – Portati in salvo con gli elicotteri i 170 alpini

terremoto in Nepal: soccorsi al campo base sull'EverestMario Vielmo, alpinista vicentino, leader della Lhotse Expedition 2015, si trova da un paio di giorni nella Piramide, sede del laboratorio scientifico dell’associazione Ev-K2-Cnr, che si trova a 5.050 metri di quota sul versante nepalese dell’Everest.

Lì è assieme ai suoi compagni di scalata Annalisa Fioretti, Marco Sala, Sebastiano Valentini e al giornalista Claudio Tessarolo. Il satellitare funziona a intermittenza, ma una cosa è chiara: «Stiamo tutti bene», dice. Il terremoto, che ha colpito il Nepal, ha scatenato sull’Everest uno tsunami di neve, ghiaccio e detriti, che si è abbattuto sul campo base (5.400 metri di quota), dove c’erano almeno 800 tra alpinisti e personale nepalese, e dove anche Vielmo e la sua delegazione si trovavano, in attesa della salita al Lhotse. Ieri alcuni elicotteri di compagnie private – quelli militari sono impegnati a Kathmandu – hanno lavorato a pieno ritmo per evacuare i feriti, una sessantina, trasportandoli a Periche o a Lukla. Poi, si sono dedicati agli alpinisti ancora intrappolati in quota, a causa dell’impraticabilità dell’Ice Fall, la cascata di ghiaccio che collega il campo base al campo 1. In tutto, sono stati tratte in salvo 170 persone: per la rarefazione dell’aria a quella quota, al limite per in elicottero, ad ogni viaggio sono stati trasportati solo 2 scalatori alla volta. Adesso lassù restano solo i morti.

Vielmo e i suoi hanno preferito scendere a piedi, «perché – dice – abbiamo dato la precedenza a chi aveva davvero bisogno». La scelta di andarsene il più rapidamente possibile è stata dettata anche dal fatto che il campo non è più sicuro, a causa delle continue valanghe delle montagne attorno. «Prima ho fatto evacuare tutto il nostro staff e gli sherpa a Gorache. Poi abbiamo cominciato a scendere anche noi, a ritroso, la valle del Khumbu».

La prima notte l’hanno passata a Gorak Shep, micro villaggio sherpa a due ore di camminata dal campo base. Poi hanno ripreso la discesa, fino ad arrivare ai 5.050 metri, ospiti appunto del CNR. Nei prossimi due, tre giorni, si porteranno a Lukla, dove si trova un piccolo aeroporto per voli interni, da lì voleranno su Kathmandu, per poi rientrare in Italia.

 

© 2015   Romina Gobbo

pubblicato su Avvenire – mercoledì 29 aprile 2015

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