Microcredito ed economia di comunione

«La fede va incarnata nella storia. Non è che un credente perché va a messa, può dirsi a posto. Tutti noi dobbiamo impegnarci a cambiare la storia e le relazioni nella società, perché solo passando dall’individualismo alla ricerca del bene collettivo, si vive appieno il messaggio evangelico». Monsignor Giuseppe Silvestri, docente di teologia all’Istituto teologico calabro S. Pio X e cultore di diritto canonico, ecclesiastico e delle religioni, presso l’Università Magna Graecia di Catanzaro, di “bene comune” se ne intende, poiché ha appena pubblicato il libro “Dalle settimane sociali al microcredito e all’economia di comunione” (Città Nuova Edizioni), in collaborazione con Suzana Matiello, insegnante di religione e consacrata, del Movimento dei Focolari. E sullo stesso argomento mons. Silvestre ha anche attivato un corso, proprio all’Istituto S. Pio X. «L’economia di comunione – spiega – è un modello economico proteso al “dare”, non a tenere tutto per sé. Deriva da una felice intuizione di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari che, dopo una visita in Brasile si accorse che le aziende creavano ricchezza, ma solo per gli imprenditori, mentre i lavoratori, sfruttati, rimanevano ai margini. Quindi, propose una maggiore attenzione alla manodopera, innanzitutto attraverso un salario adeguato, ma anche investendo gli utili per creare nuovi posti di lavoro. Ma la cosa più importante è far circolare negli ambiti lavorativi la parola “amore”, perché l’altro è prima di tutto una persona che dobbiamo amare, così come dice l’enciclica Caritas in Veritate (Papa Benedetto XVI), primo documento che parla di amore nell’economia». Attraverso le Settimane sociali, continua Silvestre «la Chiesa italiana vuole raggiungere una maggiore coscientizzazione dei credenti sulla Dottrina sociale della Chiesa. Oggi abbiamo la Caritas in Veritate e l’Evangelii Gaudium (Papa Francesco), ma già nell’Antico Testamento troviamo il richiamo al bene dell’altro, alla garanzia che l’altro possa usufruire dei beni della terra». L’Expo, infine, «potrebbe essere un momento forte per fare un esame di coscienza sulla situazione del nostro pianeta e sulla necessità di una maggior attenzione alla sobrietà dei nostri consumi».

 

© 2015     Romina Gobbo

pubblicato su Avvenire – 19 maggio 2015

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