«Lo Stato islamico si nutre del vuoto spirituale occidentale. Il grande errore è nella nostra arroganza di un mondo senza Dio. Quando Dio scompare dall’orizzonte, l’uomo si rivolge agli idoli: il denaro, il potere…»: è questa, per il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, la ragione per cui Isis trova tanti affiliati. «Noi – continua – dobbiamo lavorare per far sì che l’odio non vinca». I fatti di Parigi hanno caricato di drammatica attualità il convegno nazionale teologico-pastorale organizzato il 16 e 17 novembre a Roma dall’Opera romana pellegrinaggi, su “Pellegrinaggio e Misericordia nelle tre grandi religioni monoteiste”.
Tanti gli interrogativi emersi. È necessario realizzare il Giubileo? Non lo si può posticipare? Perché la comunità islamica non condanna con fermezza gli attentati? Perché non prende posizione contro l’Isis? Quale miglior luogo per cercare di chiarirsi le idee, data la presenza di alti esponenti dell’ebraismo, del cristianesimo e dell’islam? “Vincere la paura” è stato il leit motiv. Inevitabile la domanda sul Giubileo.«Oggi quanto mai necessario – ha ribadito il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano -, perché non bisogna cedere alla paura, che è quello che i terroristi vogliono. Certo, nessuno oggi può sentirsi completamente tranquillo, neanche il Vaticano». Per questo, già 700 militari dell’Esercito sono sulle strade a dare man forte alle forze dell’ordine, nel pattugliamento dei siti sensibili, che sono passati da 90 a oltre 140. Ma quale può essere la risposta efficace ad un attacco di tale portata? «Serve la volontà politica di combattere il terrorismo – continua Parolin -, ci dev’essere un impegno reale in questo senso, e questo va fatto tutti insieme. Dev’esserci un sussulto da parte della comunità internazionale. E poi una mobilitazione generale delle forze di sicurezza, lo Stato è chiamato a difendere i suoi cittadini. Nello stesso tempo, però, la strada da percorrere è quella più lunga, ma che alla fine si rivela vincente, cioè cercare di trovare le modalità del dialogo, facendo riferimento alle risorse spirituali di ciascuna religione, a partire dalle quali possiamo collaborare. Uno degli attributi di Dio nell’Islam è la misericordia, su questo ci può essere un punto di contatto con la visione cristiana. I musulmani autentici rigettano la violenza nel nome di Dio. La misericordia si manifesta con la pace e con la bontà».
Il cardinale Parolin ha anche anticipato l’idea di coinvolgere i musulmani nel Giubileo, magari con alcuni incontri di carattere interreligioso. Ma il fatto di sangue non si può dimenticare. Eminenza, come si fa a perdonare chi ha ucciso innocenti in modo così brutale? «Lei pensa che i nemici di Gesù fossero meno brutali? Eppure lui li ha perdonati. Fatto salvo tutto quello che abbiamo detto, il cristiano deve anche saper perdonare. È la grazia di Dio che ce lo permette perché dal punto di vista umano su un fatto così grave non ci sono spiegazioni».
«Io credo che la presenza dei musulmani in Italia sia una presenza positiva, un valore aggiunto – ha detto l’imam Izzedin Elzir, presidente Unione comunità islamiche d’Italia (Ucoii) -, anche se quelli che io chiamo imprenditori dell’odio e della paura, cercano di portare allo scontro. La storia ci ricorda che musulmani e cristiani hanno sempre vissuto insieme. È vero ci sono stati momenti negativi, ma solo un 10 per cento, il 90 per cento sono stati positivi. Perché devo ricordare soltanto il negativo? Io sono palestinese, ma vivo qui da tantissimi anni, ho tre figli, nati qui, se guardassi i telegiornali, da italiano che non conosce, anch’io avrei davvero paura di questo Islam, che non è quello autentico. Noi stiamo dalla parte dell’umanità». E poi l’affondo politico. «Là dove nei Paesi musulmani i cristiani stanno soffrendo, è perché non ci sono spazi di libertà, non c’è democrazia, in misure diverse. Marocco e Giordania non sono uguali all’Arabia Saudita. Nella Penisola araba chi è ricco, è benvenuto, chi è povero non può neppure costruire una sala di preghiera. Quando sono arrivati 250mila soldati americani, questi hanno avuto le loro chiese, un filippino non può avere un luogo dove andare a pregare. Sono questioni politiche e di potere. Se non vogliamo essere ipocriti, dobbiamo denunciare queste situazioni. Le persone là devono poter vivere in libertà e democrazia, ma non una democrazia importata. L’Occidente ci ha già provato. Importando la democrazia, ha distrutto l’Iraq e creato l’Isis».
A chi vi chiede perché non prendete una chiara posizione di condanna del terrorismo islamico, voi cosa rispondete? «In realtà, abbiamo partecipato a numerosi sit in a Roma, Milano Parigi, assieme ai Comuni, alle diocesi, ai sindaci, alle comunità ebraiche. La comunità islamica ha scelto di essere parte dell’Italia e dell’Europa, di non fare iniziative da sola. Noi spesso non abbiamo voluto marcare la nostra islamicità, perché prima vogliamo essere cittadini italiani ed europei. C’è, poi, un’altra questione molto importante. La cultura della manifestazione ce l’abbiamo noi in Europa, perché abbiamo la democrazia. Chi viene dai Paesi arabi, non ha questa abitudine. Il poliziotto non è colui che serve a mantenere il bene e la sicurezza della popolazione, è a servizio del regime e il suo compito è reprimere. Perciò la gente è soggiogata dalla paura».
Cardinale Tauran, siamo in guerra, così come si sente dire ovunque? «È molto grave pronunciare questa parola, perché la guerra presuppone un bersaglio ben definito e ha le su eleggi. Io non oso parlare di guerra, perché l’ho vissuta in Libano, notte e giorno con l’incubo dei bombardamenti, muoiono tanti innocenti, tanti bambini, altri rimangono mutilati, ne sono rimasto scosso. Bombardare? Una guerra non è mai stata vinta con l’aeronautica. La comunità internazionale deve fare fronte comune, abbiamo un arsenale giuridico talmente raffinato e completo, che si possono risolvere i problemi senza entrare in guerra. Dio ci ha dato due strumenti meravigliosi: l’intelligenza per capire e il cuore per amare. Grazie ad essi possiamo trovare soluzioni alternative, affinché l’uomo ne esca grande».
© 2015 Romina Gobbo
pubblicato su famigliacristiana.it – 18 novembre 2015