“Isis sta usando armi in larga parte prelevate dai depositi militari iracheni concepite e prodotte in almeno 25 Paesi, compresi Russia, Cina, Usa e alcuni stati dell’Unione europea, tra i quali l’Italia. I depositi iracheni si sono riforniti di armi già alla fine degli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80 nel contesto della guerra con l’Iran e successivamente, a partire dal 2003, durante e dopo l’invasione diretta dagli Usa. Isis e altri gruppi armati hanno inoltre iniziato aprodurre armi per conto proprio (razzi, mortai, granate, ordigni esplosivi improvvisati, trappole esplosive, autobombe, bombe a grappolo, mine terrestri, ecc.) rivitalizzando la fiorente industria delle armi sviluppata dall’allora presidente iracheno Saddam Hussein (…). L’IS è entrato in possesso di tali armamenti a seguito della conquista di Mosul, seconda città dell’Iraq, nel giugno 2014, servendosene poi per conquistare altre regioni e compiere crimini di guerra e crimini contro l’umanità su scala massiccia in Siria e Iraq”. E’ quanto afferma il rapporto di Amnesty International intitolato “Fare scorta: come abbiamo armato lo Stato islamico”.
Pertanto, l’Organizzazione per i diritti umani, “chiede alla comunità internazionale di adottare misure urgenti per impedire l’ulteriore proliferazione delle armi in Iraq, in Siria e in altre nazioni e regioni instabili, attraverso un embargo totale nei confronti del governo siriano e dei gruppi armati d’opposizione implicati in crimini di guerra, crimini contro l’umanità e altre gravi violazioni del diritto internazionale; l’autorizzazione di trasferimenti di armamenti solo dopo aver compiuto un rigoroso accertamento dei rischi (controlli preventivi e successivi); la ratifica del Trattato internazionale delle Nazioni Unite sul commercio delle armi da parte di tutti gli Stati”.
© 2015 Romina Gobbo – 13 dicembre