Il 17 dicembre 2010, Mohamed Bouazizi, venditore ambulante di 26 anni esasperato dalla precarietà, si dava fuoco, innescando, a partire dalla Tunisia, quel sollevamento popolare, che ha portato al rovesciamento del dittatore Zine El Abidine Ben Ali e ha poi suscitato un’ondata di rivolte simili nel mondo arabo, identificate con il nome di “primavera araba”. I giovani chiedevano libertà, giustizia, uguaglianza, lavoro… Cos’è rimasto di tutto questo? La Tunisia ha portato a termine la sua transazione politica; in Egitto sono tornati al potere i militari, ma si respira comunque un certo ottimismo. Le grandi sfide sono lo sviluppo economico e la lotta al terrorismo. Gli attentati che hanno colpito i due Paesi, hanno azzerato il turismo, la maggior fonte di introiti. E la Siria? Anche lì i giovani erano scesi in piazza con richieste legittime, ma sono stati brutalmente repressi. Cinque anni dopo, il Paese è allo sfascio. Perché di quelle istanze, di quei giovani, non importa a nessuno. Per le grandi potenze il Medio Oriente è sempre stato solo un luogo dove farsi gli affari propri.
© 2015 Romina Gobbo – 17 dicembre