Padova. Occasione per riscoprire il bello della Chiesa

«Spero che, finite le celebrazioni, resti la misericordia. Adesso la Porta si è chiusa e noi andiamo fuori nella vita»: risponde così monsignor Paolo Doni, vicario generale della diocesi di Padova, alla domanda su cosa resterà dell’Anno santo. A Padova il Giubileo ha coinvolto la cattedrale, la basilica di Sant’Antonio, la cappella della casa di reclusione “Due Palazzi”, i santuari di San Leopoldo Mandic, le cui spoglie sono state anche esposte a Roma in San Pietro, e Terrassa (nella Bassa padovana). «I nostri santuari erano già molto frequentati, però sicuramente quest’anno un incremento numerico c’è stato, soprattutto per quanto riguarda il santuario mariano di Terrassa, conosciuto a livello locale, ma meno fuori. Credo che andare a un santuario serva a far maturare il senso di appartenenza alla comunità cristiana, che trova la sua massima espressione nella Messa domenicale, il più grande piacere che il Signore ci dona. Il Santo Padre ha “sdoganato” il concetto stesso di misericordia, che non è un sentimento, ma un criterio etico fondamentale. Regola le relazioni tra Dio e le creature umane, tra una persona e l’altra; regola la comunità ecclesiale, la convivenza civile, i rapporti fra le nazioni».

Segni concreti? «Con il nostro vescovo, monsignor Claudio Cipolla, abbiamo chiuso la Porta della cattedrale e aperto la Porta della carità, un’abitazione messa a disposizione di persone in stato di bisogno. Perché la misericordia è concretezza: leggi, alloggi, cibo, bombe che non si buttano giù, persone non più costrette dai trafficanti ad attraversare il mare, scuole, ospedali e governi che funzionano… Ciascuno è soggetto di misericordia, ma è anche destinatario di quella altrui, diversamente la vita sarebbe disumana».

© 2016 Romina Gobbo 
pubblicato su Credere – domenica 20 novembre 2016 – n. 47 – pag. 13

Lascia un commento

Blog su WordPress.com.