Una ricamatrice al servizio di Dio

Oliva Zaupa, accanto ad un suo lavoro di riporto

Oliva Zaupa, accanto ad un suo lavoro di riporto

Il lavoro come una preghiera. La capacità manuale che è dono del Signore. Il risultato? Capolavori che sanno di antica sapienza. Dalle mani minute, ma precise, di Oliva Zaupa Romio, da sessant’anni si eleva un inno all’Altissimo. Innamorata dell’ago fin da ragazzina, ma non il “prosaico” punto croce, quello che quasi tutte le donne sui cinquant’anni hanno imparato nell’infanzia trascorrendo i pomeriggi dalle suore.

No, qui stiamo parlando di ricami meravigliosi, a “doppio dritto”, ovvero uguali da entrambe le parti, ma soprattutto di una tecnica sofisticatissima, il riporto. «Consiste nell’applicazione di pezzi di tessuto su un fondo, ritagliati a seconda del disegno desiderato, realizzato prima su carta», spiega. «Se però si tratta di tessuti antichi, allora bisogna recuperare i disegni già presenti, e lì serve grande attenzione per ritagliare senza rovinarli, così da poterli applicare sul tessuto nuovo».

il rammarico è che questa tecnica è appannaggio di sempre meno persone. «Ormai fanno tutto le macchine. Noi ricamatrici a mano siamo una “specie” in via di estinzione». La signora Oliva, 80 anni, vicentina di Costabissara, in passato dipendente di una prestigiosa ditta vicentina con committenti le diocesi, ma anche enti civili e associazioni, presta la sua creatività soprattutto ai paramenti sacri. Tra le sue mani, casule, stole, piviali e tovaglie di altari ritrovano la loro magnificenza.

zaupa-oliva-lavoro-di-riporto-pc125255_rUn lavoro di cui è particolarmente soddisfatta è il rinnovo della veste delle due statue della Vergine Maria conservate una nella chiesa parrocchiale e l’altra nel santuario delle Grazie, costruito dopo la prima guerra mondiale per volere della popolazione che così ringraziava la Madonna per aver preservato il paese dall’invasione austriaca. La statua originaria è stata sostituita nel 1954 da una scultura lignea, opera di Guido Cremasco. Ma le sue vesti ormai erano a brandelli e la devozione popolare chiede bellezza, perché la bellezza favorisce la preghiera. “Il lavoro è stato eseguito con grande delicatezza, senza forzature, tenendo conto dell’epoca in cui le due statue sono state realizzate, cioè la fine del Settecento e il primo Ottocento – si legge nel bollettino parrocchiale all’indomani della festa dell’Immacolata del 2009, quando ci fu l’inaugurazione delle nuove vesti -. I due simulacri costituiscono un’eredità preziosa che non poteva essere lasciata andare in rovina”.

HA “VESTITO” LA MADONNA

Oliva Zaupa davanti alla statua della Madonna delle Grazie

Oliva Zaupa davanti alla statua della Madonna delle Grazie

Ma Oliva non ha lavorato da sola, ha coinvolto anche il marito Tarcisio che, dopo essere andato in pensione, è stato iniziato dalla moglie all’arte del ricamo. Marito e moglie, in una condivisione totale, si sono spesi in un restauro particolarmente impegnativo. «L’abbiamo fatto volentieri, affettuoso omaggio alla Madonna, di cui entrambi siamo sempre stati devoti».

NEL RICORDO DEL MARITO

La voce è emozionata, il ricordo è dolce e triste allo stesso tempo, perché Tarcisio da qualche anno non c’è più. E “galeotta” fu proprio la Madonna, perché il loro primo incontro avvenne durante la processione del 1956. E poi per vedere Tarcisio la chiesa era il luogo ideale, poiché lui cantava nel coro. Dal loro matrimonio sono nati quattro figli: Maurizio, Silvia, Carla e Roberta. Mamma Oliva lavorava al mattino presto per poter poi dedicare il resto della giornata ai figli. E così ha continuato a fare. Perché dopo i figli sono venuti i sette nipoti, da accudire tra fili di cannottiglia e matassine di seta. «Il riporto a mano è un lavoro di sacrificio, richiede ore e ore di concentrazione, cura nella scelta dei materiali e una pazienza infinita. E mette gli occhi a dura prova. Inoltre è diventato difficile anche trovare i materiali adatti. resta il fatto che a me piace tantissimo lavorare con i colori, con l’oro e l’argento, inserire pailettes, e guarnizioni varie. Mi metto lì con calma, in una sorta di raccoglimento».

Oliva ha iniziato dalle suore Canossiane di Santa Croce a Vicenza, dove da adolescente ha frequentato il suo unico corso di ricamo. «Il resto è venuto da sé, con il tempo. Mi commissionavano lavoro sempre più complessi e preziosi. Questa è un’arte che si impara con l’esperienza. Quando guardo una casula antica che che sono riuscita a riportare allo splendore originario, mi dico: «Qaunto sono stata brava, stavolta ho davvero superato me stessa”. E finalmente mi rilasso. Ma solo fino al lavoro successivo. Poi ricomincio, tranquilla, serena, non mi sono mai arrabbiata con l’ago in mano, ho come la sensazione che il mio lavoro sia protetto». E anche ispirato dall’alto.

© 2016 Romina Gobbo 
pubblicato su Credere – n. 49 – domenica 4 dicembre 2016 – pagg. 26 e 27

  1. Gen. Vecchione

    Interessato al Ricamo a mano di vari confaloni sagri

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