Riassunto degli ultimi avvenimenti.
L’Iran è sotto attacco: due attentati suicidi, al Parlamento e al mausoleo dell’ayatollah Khomeini (fonte: Mehr News, agenzia di stampa iraniana). Stavolta l’obiettivo non era quello di fare vittime civili, bensì di colpire due luoghi simbolo: il cuore della vita politica e quelo della teocrazia.
Un paio di giorni fa, Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Yemen hanno rotto le relazioni diplomatiche con il Qatar, accusato di sostenere il “terrorismo internazionale”. Due settimane fa il presidente Usa Donald Trump, in visita a Riad, aveva esortato i paesi musulmani a mobilitarsi contro l’estremismo religioso, ha venduto un bel po’ di armi all’Arabia Saudita (per un valore di 110 miliardi di dollari – che cosa mai se ne farà di tutte queste armi uno stato di 30 milioni di abitanti”), e ha individuato nel Qatar il principale finanziatore dei gruppi terroristici. “L’isolamento di Doha – ha scritto su Twitter – potrebbe essere l’inizio della fine del terrorismo”.
Guardacaso, il Qatar – pur essendo a maggioranza sunnita – ha rapporti privilegiati con l’Iran – sciita -, con il quale condivide parecchi interessi economici, tra cui importanti giacimenti offshore di gas. D’altra parte, il Qatar ospita, vicino a Doha, la base militare statunitense più importante del Medio Oriente: 120 aerei, circa 11 mila soldati, da dove partono i raid contro le roccaforti dell’Isis, in Siria e in Iraq. Un’infrastruttura irrinunciabile per gli interessi geopolitici degli Usa.
Recentemente, si sono registrate alcune presunte dichiarazioni dell’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad Al Thani che criticava la crescente opposizione a Teheran. Egli esprimeva sostegno all’Iran, ma anche ad Hamas, Hezbollah e Israele, suggerendo che Trump non durerà al potere a lungo. Inoltre, l’emiro del Qatar si è complimentato con il presidente iraniano Hassan Rohani per la sua rielezione, facendo inferocire la monarchia saudita, che da sempre cerca di tenere il Qatar fuori dall’orbita del regime sciita. L’Arabia Saudita vive la frustrazione di non essere riuscita finora a realizzare nessuno dei suoi piani nella regione. Nello Yemen, dove da due anni conduce una vasta campagna aerea contro i ribelli Houthi filo-iraniani, non vede progressi; in Siria, dove in oltre sei anni di guerra ha investito miliardi per finanziare i ribelli, il regime del presidente Bashar Al Assad, sostenuto da russi e iraniani, è ancora al potere. In Bahrain, dove Riad ha inviato un contingente militare per sostenere la monarchia sunnita locale, la ribellione sciita continua a minacciare il governo. Altro che cercare di stabilizzare il Medio Oriente. Venti di guerra si profilano all’orizzonte. E che guerra!
© 2017 Romina Gobbo – inedito