Vicenza. Una notte da senza dimora: cena in piazza e in strada con Van Gogh

Nei panni di un senza tetto o di un richiedente asilo per provare sulla propria pelle le tappe dei percorsi di inclusione e reinserimento. È la proposta che Caritas diocesana, la redazione del mensile Scarp de’ Tenis e molte realtà della Rete di accoglienza ed inclusione sociale vicentina, lanciano per la “Notte dei senza dimora 2017”, una manifestazione ideata in Italia una quindicina di anni fa, e che viene organizzata in occasione della Giornata mondiale di contrasto alla povertà, che ricorre il 17 ottobre. L’intento è di sensibilizzazione, ma anche di denuncia, affinché persone, già identificate per qualcosa che non hanno (la dimora), non finiscano totalmente nel dimenticatoio. A Vicenza la “Notte dei senza dimora” si è tenuta ieri in piazza Duomo dove, a partire dalle 16, sono stati organizzati spazi ed eventi informativi, ed è stato possibile condividere la cena con un gruppo di senza dimora. Lo scrittore padovano Giovanni Montanaro ha raccontato il Van Gogh (di cui proprio ieri si è aperta una mostra nella Basilica Palladiana) ramingo, a piedi per l’Europa, con appresso tutte le sue cose. Correva l’anno 1879-’80 e nel suo libro “Tutti i colori del mondo”, Montanaro sostiene che questa esperienza sia stata una fondamentale fonte di ispirazione per il pittore. Nel 2016 sono stati 16.373 i pernottamenti totali a Casa San Martino, il dormitorio Caritas. Le persone ospitate sono state 364 (355 uomini e 9 donne, mediamente 46 persone per notte, con una media di 24 pernottamenti per ospite). Ma il problema non è solo non avere una casa, è anche la mancanza di una residenza, il non accesso ai servizi sanitari, la difficoltà di costruire relazioni significative: ecco perché il fulcro della riflessione di quest’anno sono i percorsi di accoglienza. «Conoscere la situazione delle persone senza tetto – commenta il direttore di Caritas Vicentina, don Enrico Pajarin – significa essere consapevoli che nessun percorso di integrazione è possibile senza garantire alla persona i diritti di integrazione, la salute, una casa, un lavoro, e che questi a loro volta sono condizionati dall’avere una residenza. Per questo torniamo a chiedere a tutti i Comuni di rendere operativa la via anagrafica, una via fittizia la cui creazione è prevista dalla legge, dove iscrivere le persone prive di residenza. Via che ovviamente deve avere un nome dignitoso e che non renda le persone riconoscibili».

© 2017 Romina Gobbo

pubblicato su Avvenire – domenica 8 ottobre 2017 – Attualità – pag. 12

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