L’amare, il donare, il prendersi cura di noi, dell’altro, del creato, trovano nella mitezza, nella bontà e nella giustizia, le radici del nostro esistere, del nostro esserci come persone umane. Esiste un oltre che solo l’amore può farci scoprire». Lucio Turra è sempre riuscito ad andare oltre, anche nei momento di dolore. Nel 2015, ha perso l’amato figlio Francesco, di soli 18 anni, copito da un aneurisma cerebrale. Ha reagito scrivendogli: «È benedizione sapere che vivi ancora», una lauda in cui è racchiusa tutta la forza di un padre che non si è lasciato sopraffare dalla disperazione. «Credo che il Signore, nella prova, abbia pensato anche di darmi dei sostegni. Prima di tutto la mia famiglia, mia moglie Rita e gli altri figli Agostino, Marta, Elena, Rose. Ma tante altre persone mi sono state vicino. Penso alla famiglia di Damiano, un amico di Francesco, morto improvvisamente qualche mese prima. E poi all’Azione cattolica, che è una grande rete di amicizia cristiana. Questa triste esperienza mi ha fatto capire che la vita va vissuta nell’essenzialità. Poche cose contano davvero: la fede, far del bene, l’amore donato, le amicizie… l’incontro con il Signore, con il buon Dio».
FARE IL BENE

Lucio nei locali del nuovo reparto dell’Ipab perpersone in stato vegetativo, insieme a Giampaolo, responsabile della manutenzione
Nato a Vicenza sessant’anni fa, laurea in Scienze politiche, 37 anni di lavoro in tre diversi Istituti di credito, dal 2015 Turra è in esodo bancario, in attesa della pensione. Ed è alla guida dell’Ipab (Istituto pubblico di assistenza e beneficienza, ndr) di Vicenza, storica istituzione di assistenza per persone non autosufficienti; un ruolo che ha scelto di ricoprire gratuitamente. «Fare qualcosa per gli altri gratuitamente è più gratificante di qualsiasi altra attività. Questo mi basta. Io ho ricevuto tanto da questa vita, qualcosa devo restituire. Non essere stipendiato mi consente di sentirmi libero da vincoli di ogni genere. Questa istituzione, che ha una storia importante, di oltre settecento anni, mi permette di mettere a frutto la mia esperienza professionale, oltre alla mia indole di attenzione alle persone maturata nella vita associativa». L’esperienza nell’Azione cattolica è iniziata presto, a diciassette anni, come educatore dei ragazzi dell’Acr. L’anno successivo Lucio è già responsabile diocesano di Vicenza. «Poi è stato un cammino straordinario; segretario diocesano nel 1982, vicepresidente degli Adulti nel 1995, incaricato regionale Adulti, membro del Comitato affari economici nel 2002, presidente diocesano nel 2008, consigliere nazionale nel 2014 e attualmente amministratore nazionale per il 207-2020. L’Ac è stata ed è la mia seconda famiglia».
VICINO ALLE PERSONE DISABILI
Una famiglia oggi allargata, che include ospiti, loro familiari e operatori dell’Ipab. «Quello dell’Ipab è un mondo ricco di umanità. I nuovi incontri e relazioni mi hanno aiutato a dare un valore altissimo alla vita. Penso che la società debba essere più attenta agli anziani, ai disabili, alle persone fragili. Molto spesso l’anziano che entra nelle nostre residenze ha bisogno di essere ascoltato e accudito, a prescindere dalla sua malattia. E i nostri operatori fanno miracoli, ridando dignità alla vita delle persone con semplici attività quotidiane, e sostegno alle famiglie. Il passaggio dall’autonomia alla dipendenza di un anziano, che avviene spesso quasi improvvisamente, genera un forte cambiamento della vita ordinaria. I familiari si ritrovano impreparati ad affrontare la nuova situazione. Necessitano di pazienza, comprensione e accompagnamento». A sentir parlare Turra ci si fa l’idea di una persona cresciuta “all’ombra del campanile”, con famiglia molto religiosa e le domeniche pomeriggio a giocare a calcio all’oratorio. «Il calcio all’oratorio sì, oltre a esperienze varie di gruppo. Ma non vengo da una famiglia particolarmente religiosa. Mia mamma mi ha incoraggiato nella fede. Papà era una persona molto generosa, ma non frequentava. I nonni non li ho conosciuti, mi è stato detto che quelli paterni erano religiosi. Di quelli materni so che il nonno era socialista e la nonna una persona semplice, ma non ne conosco l’attitudine religiosa». Un’esperienza di fede semplice e lineare, mai un allontanamento. «Ho sempre pregato fin da ragazzo. Grazie alla formazione ricevuta in Ac, ho imparato a pregare con la Liturgia delle Ore. Poi c’è stata la vicinanza di alcuni preti: don Mariano, don Dino, don Gino, don Guido, don Emilio. Momento straordinario di crescita è stato frequentare la lectio divina presso il noviziato delle suore Orsoline del Sacro Cuore. Lì la mia fede si è rafforzata e si è chiarita la direzione del mio cammino.
LA PAROLA IN RETE

Sempre all’Ipab, con suor Maria Pia
Lucio è presente in rete con un blogo e su Facebook: la moderna tecologia per diffondere la Parola, che è una sua passione. «La passione per la Parola è frutto del cammino della mia maturazione da adulto. La scintilla è stata il laboratorio nazionale Adulti dell’Ac. Parola e vita, vita e Parola sono il circolo di questa passione, che si alimenta con la lettura quotidiana dell’Evangelo. Poiché qualche volta le parole mi vengono spontanee e riesco a tradurre bene i miei sentimenti, ho pensato che potevo cominciare a scrivere qualche pensiero, frutto del mio vissuto e del mio tentare di sondare la vita alla luce della Parola, abitandola. Quindi di mettere tutto questo a disposizione di chi può essere interessato, attraverso lo strumento che è la rete. Ho aggiunto anche un diario quotidiano, mi aiuta a scoprire il senso della mia vita, il percorso che sto facendo, i miei sentimenti, e anche questo ogni giorno arricchisce la mia esperienza di fede».
© 2017 Romina Gobbo – foto di Beatrice Mancini
pubblicato su Credere – domenica 12 novembre 2017 – pagg. 22-25