Una repubblica poco democratica

Il Kenya sarà pure una repubblica ma con la democrazia ha poco a che vedere. Le elezioni si svolgono ma il risultato non viene mai accettato. Quando va bene, ci si limita a richiedere l’annullamento alla Corte Suprema, che verifica se ci sono stati brogli, quando va male, ci sono scontri e violenze. Nel 2008, secondo i dati della polizia, ci furono 600 morti. Quest’anno siamo da capo. Il primo voto, ad agosto, ha visto la vittoria di Uhuru Kenyatta. Ma il leader dell’opposizione, Raila Odinga, ha denunciato brogli, frodi, intimidazioni. Le elezioni sono stati annullate e i cittadini sono tornati al voto il 26 ottobre. Di nuovo ha vinto Kenyatta e di nuovo tutto è andato in mano alla Corte Suprema, che il 20 novembre si pronuncerà sui ricorsi presentati per annullare anche questa seconda tornata elettorale. Si temono momenti di forte tensione, con manifestazioni, anche violente. In particolare nelle Contee di Kisumu, Homa Bay, Naivasha e Nakuru, nei centri urbani di Nairobi, Mombasa, Malindi e Kisumu, nonché negli slum di Kibera, Mathare, Dandora e Kawangware nell’agglomerato urbano di Nairobi. Non dimentichiamo che Odinga è di etnia Luo e Kenyatta di etnia Kikuyu, e che negli ultimi anni si è intensificato l’uso strumentale dell’identità etnica per fini politici. Purtroppo in Africa la politica non comprende ancora “l’idea di nazione”, i gruppi etnici continuano ad essere il cuore del Paese, con tutti i rischi che ne conseguono. Il Sud Sudan docet.

© 2017 Romina Gobbo

pubblicato su Facebook venerdì 17 novembre 2017

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