Il 21 novembre 1995, con l’Accordo di Dayton (Ohio, Usa), si concludeva la guerra in Bosnia ed Erzegovina, che era iniziata nel 1991. Quattro anni di guerra feroce alle nostre porte. Feroce perché coinvolse etnie e fedi. Dopo la morte di Tito e la caduta del muro di Berlino, uno dopo l’altro, i paesi dell’ex Jugoslavia, scelsero l’indipendenza: Slovenia, Croazia, Macedonia e Bosnia-Erzegovina. Slovenia e Macedonia si separarono pacificamente. La Croazia visse una guerra tremenda. Alla Bosnia andò ancora peggio. Il frazionamento etnico e religioso del paese scatenò una guerra civile sanguinosa, disumana, che vide massacri orrendi, e crimini contro l’umanità, come il genocidio (definizione data il 2 marzo 2007 dal Tribunale Penale Internazionale dell’Aja) di Srebrenica dell’11 luglio 1995 (dagli 8.000 ai 10.000 morti), città all’epoca sotto la tutela delle truppe olandesi delle Nazioni Unite, sulle quali pesa l’ombra di non essere intervenuti tempestivamente, per motivi ancora non del tutto chiariti. Ancora, l’assedio di Sarajevo, la strage al mercato di Markale rappresentano alcune delle pagine più brutte della storia del secondo dopoguerra. L’Accordo di Dayton ha sancito l’attuale composizione di stato unitario, ma suddiviso amministrativamente in due entità: la Federazione di Bosnia ed Erzegovina, che occupa il 51% del territorio nazionale ed è a maggioranza musulmana e croata, e la Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina (o Repubblica Srpska), che occupa il 49% del territorio ed è a maggioranza serba. Oggi questo accordo sembra sempre più fragile, così come non sembrano sopite le tensioni fra i vari gruppi etnici. D’altro canto, la riconciliazione è sempre la parte più difficile. Per sancire la pace, basta un atto politico, ma far tornare a convivere chi fino a qualche anno prima si è brutalmente combattuto, è cosa ben più complessa. Segno di questa divisione è come è stata accolta la sentenza che ha condannato all’ergastolo per genocidio e crimini contro l’umanità Ratko Mladic, ritenuto il respondabile del massacro di Srebrenica. Per i bosniaci musulmani e croati Mladic è un mostro, per i serbi di Bosnia, come ha detto il loro leader, Milorad Dodik, «il generale resterà sempre il nostro eroe, come un de Gaulle».
© 2017 Romina Gobbo
pubblicato su Facebook giovedì 23 novembre 2017