La microfinanza in Giordania

Mohammad è un medico di medicina generale, ha lavorato in vari ospedali pubblici, sognando di aprire un giorno una propria clinica privata. Oggi quel sogno è realtà. La sua clinica sorge nel campo profughi palestinesi di Baqa’a, ad una ventina di chilometri da Amman, e dà lavoro ad altri operatori sanitari. Andria, cinquant’anni, tre figli e un marito in pensione, innamorata dei cactus, è riuscita a comprare una piccola serra, e poi a costruirvi a fianco un laboratorio di ceramica artigianale. Le sue passioni sono diventate la sua attività e la sua famiglia ha migliorato il proprio stile di vita. Atallah ha messo in un cassetto la laurea in ingegneria, preferendo dedicarsi alla panetteria. Ha iniziato con un forno artigianale e poi, via via, è riuscito a meccanizzarlo; oggi è un forno industriale, che lavora a ritmo serrato, e Atallah ha incrementato i profitti del 100%. E che dire di Sabah? Lei e il marito, entrambi pensionati, faticavano a mantenere i quattro figli. Un giorno Sabah ha pensato che poteva mettere a frutto il suo amore per il cucito, ed ecco che è riuscita ad aprire una sartoria. Mai era dipendente di un salone di bellezza. Mai è giovane, single in un Paese dove le ragazze senza marito vengono additate, ma è caparbia e le malelingue non la scalfiscono. Un passo alla volta, prima è diventata socia della sua titolare, poi ha acquistato il salone, di cui oggi è unica proprietaria, ha già assunto una persona e conta di espandere l’attività, dando lavoro ad altre ragazze in difficoltà.

Sono le storie di successo di cui la Giordania va fiera. Storie di chi ce l’ha fatta, grazie alla propria tenacia, ma anche ai microfinanziamenti della National Microfinance Bank (NMB), meglio conosciuta nel mondo arabo come Al-Watani, sorta nella capitale Amman, per supportare i progetti di soggetti cosiddetti “non bancabili”, perché con basso reddito e impossibilitati a offrire le garanzie che gli istituti di credito chiedono normalmente. La fondazione della Banca è stata un’iniziativa del principe saudita Talal bin Abdulaziz Al Saud, di posizioni liberali, che si è voluto ispirare al modello della banca dei poveri creato dall’economista Muhammad Yunus, fondatore della Grameen Bank in Bangladesh. Azionisti sono, in primis il Fondo per lo Sviluppo “Re Abdullah” (KAFD), sorto con un decreto del 2001 per innalzare il tenore di vita in tutti i Governatorati; il Programma arabo del Golfo per lo Sviluppo (AGFUND), fondato nel 1980 per iniziativa del principe Abdulaziz, con il sostegno di altri leader dei Paesi del Golfo, che contribuiscono al suo bilancio; ci sono poi alcuni investitori privati.

Il 27 marzo 2006 una nuova istituzione bancaria ha aperto i battenti ad Amman, sotto il patrocinio di Sua Maestà ‘Abd Allah II ibn al-Hussein. Il primo prestito è stato erogato in parallelo con l’apertura di tre filiali nei dintorni della capitale: Karak, Zarqa (interessante centro industriale) e Wihdat (nato come campo profughi palestinesi, oggi è un’area urbana integrata nella capitale). Oggi le filiali sono quattordici in tutto il Paese; l’ultima nata è quella a Ghor al-Mazraa, località fuori Amman, nei pressi del Mar Morto, inaugurata il 13 luglio 2017. Fin dalla sua nascita, la banca ha adottato una politica di partenariato con diverse organizzazioni per poter sostenere potenziali imprenditori nelle aree più povere del Regno. Attualmente i clienti sono 38mila; i prestiti erogati vanni da 300 a 70mila dollari; il periodo di rimborso varia da uno a 48 mesi, a seconda delle possibilità dell’utente e del tipo di prestito, che può riguardare l’istruzione, la salute, l’abitazione, l’avvio di imprese. Nel 2013, Al-Watani ha lanciato la microassicurazione (assicurazione sanitaria ospedaliera), che fornisce ai clienti a basso reddito, non coperti da assicurazione sanitaria, la possibilità di ottenere servizi medici e terapie varie, per migliroare il loro livello di vita.

Nel 2015, la regina Noor, ultima moglie del defunto re Hussein, fondatrice e presidente della Fondazione a lui dedicata (istituita con Decreto Regio nel 1999 per favorire la pace, lo sviluppo economico della comunità e il dialogo interculturale), ha lanciato Ethmar for Islamic Finance, prima istituzione islamica di microfinanza, e quindi conforme alla shari’a (legge islamica), con l’obiettivo di promuovere l’uguaglianza sociale e di creare opportunità economiche per aspiranti imprenditori di basso reddito. I valori fondanti, che si rifanno alle parole del profeta Muhammad, sono l’onestà, l’integrità e la responsabilità sociale, che devono essere impegno di tutti gli uomini. Il problema alla base è sempre lo stesso, la difficoltà per chi appartiene a comunità emarginate, di ottenere accesso al credito e inclusione finanziaria. «La questione – riconosceva la regina – riguarda in particolare e i giovani. Il 61% dei giovani in Giordania sono disoccupati, di questi il 63% sono donne (dati 2014)». Ethmar va ad affiancarsi all’altra “creazione” della regina Noor, che supporta gli imprenditori “non bancabili”: la Jordan Micro Credit Company (Tamweelcom, significa Ti guiderò).

Tamweelcom, fondata nel 1999 da USAID (United States Agency for International Development), è presto diventata un’istituzione finanziaria indipendente, di proprietà della Noor Hussein Foundation; concede prestiti agli imprenditori a basso reddito permettendo loro di avviare micro imprese o di espandere le esistenti. Questi piccoli business sono un motore-chiave per lo sviluppo economico. I mutuatari ricevono linee di credito crescenti ogni qualvolta che concludono con successo la restituzione del prestito precedente, il che incoraggia alla responsabilità e ad un più sofisticato livello di imprenditorialità. I rimborsi vengono utilizzati per supportare altri imprenditori. Si tratta di una compagnia in costante crescita, infatti ha superato le trenta filiali sul territorio giordano e ha servito dall’apertura quasi 400mila clienti, di cui il 94% sono donne. L’istituzione dà la possibilità di accedere ai propri prodotti finanziari solo ai cittadini giordani e ai cittadini palestinesi nel solo caso in cui abbiano un garante di cittadinanza giordana. Per i prestiti individuali è necessaria la firma di un garante, ossia di una persona che percepisce reddito e che quindi garantisca il prestito nel caso il cliente non riesca a far fronte a tutte le rate. Nel caso, invece, dei prestiti collettivi, si fa leva sulla responsabilità solidale. I prestiti – ne sono stati erogati finora più di 250mila a oltre 120mila clienti, per un valore totale di 154 milioni di dollari Usa – hanno un ammontare che varia dai 200 ai 5.000 dinari (un dinaro corrisponde circa a 1,3 euro) e un tasso di interesse mensile tra l’1 e il 2%, con una scadenza massima di 36 mesi. La restituzione delle rate è del 99,7%.

La gamma dei prestiti è varia: ci sono quelli per l’avvio di un nuovo progetto (the Hope Loan), e se questo nuovo progetto è andato a buon fine, allora si può passare al Growth Loan, per sviluparlo. Per comprare nuovi arredi, elettrodomestici o qualsiasi bene necessario per la casa, c’è l’Home Improvement Loan; se il cliente è uno studente, può chiedere l’Educational Loan, purché presenti un certificato che attesti l’iscrizione e la frequenza scolastica. Se l’idea è ancora in fase di progettazione, si può richiedere il Vocational Loan, ma serve l’approvazione del Ministero del Commercio e dell’Industria. Per rinnovare la patente o per pagare l’auto, c’è il Vehicle Maintenance and Licensing Loan; chi è in procinto di sposarsi, può ottenere il Marriage Loan; per l’acquisto di pannelli solari, c’è the Solar Heater Loan; per la vendita in strada (street food per esempio), si deve richiedere il Progress Loan. I mutuatari, inoltre, hanno l’opportunità di promuovere i loro prodotti attraverso il Tamweelcome’s Marketing Gateway, che gestisce uno show room in Amman e organizza mercati annuali in tutto il Paese. Questo dà agli imprenditori una crescente visibilità e permette loro di individuare meglio i propri clienti, espandere il mercato e interagire con potenziali nuovi acquirenti. Per dare un ulteriore nuovo supporto, Tamweelcom nel giugno 2007 ha lanciato l’Educational Grant Program, mettendo a disposizione 1.000 borse di studio per i figli dei clienti, che coprono l’iscrizione scolastica, le uniformi, i libri, gli articoli di cancelleria, e forniscono una paghetta quotidiana. «Affinché i Paesi raggiungano il loro potenziale – ha detto la regina Noor -, le donne devono essere pienamente integrate e impegnate nell’economia per contribuire allo sviluppo. Per quanto ci riguarda, non si tratta di fornire solo un aiuto economico, bensì di imprimere alle donne più fiducia in sé stesse, di far sì che ottengano il rispetto degli uomini e un ruolo di rilievo nel processo decisionale». La regina ha anche favorito la nascita dell’incubatore per lo Sviluppo delle Donne nel nord della Giordania e dell’Aqaba Micro Business Incubator nel sud: due centri dove vengono organizzati corsi di formazione in materia di gestione, finanza e marketing, per le donne interessate ad avviare un’impresa.

Nel 2004, la regina Rania, moglie dell’attuale re ‘Abd Allah II, strenua sostenitrice e promotrice delle politiche di microfinanza, ha suggerito la creazione di “incubatrici di affari”, luoghi cioè dove più tityolari di un prestito possono lavorare insieme, dividere le spese (elettricità, acqua e attrezzature), e quindi ridurre i costi; molte donne, infatti, avevano evidenziato la difficoltà di lavorare in casa e di quantificare e separare i costi produttivi da quelli familiari. La proposta, divenuta realtà, era stata discussa in occasione del Summit sul Microcredito per il Medio Oriente e l’Africa, tenutosi ad Amman, nella sezione riservata ai prestiti per le donne. Queste “incubatrici di affari”, così come nell’intendimento della sovrana, si pongono anche come luoghi di incontro, scambio e arricchimento di idee. Secondo i dati della Banca Mondiale, nel 2013 la Giordania contava al suo interno poco meno di 6,5 milioni di persone e aveva un Pil di 33,68 miliardi di dollari Usa. Nel 2010, anno in cui si hanno gli ultimi rilevamenti da parte della BM, la popolazione che viveva con meno di 2 dollari al giorno era il 14,4% del totale e nel 2013, il reddito medio lordo, pur evidenziando un trend in crescita, si fermava a 4.950 dollari (tenendo presente che in Italia nello stesso anno ammontava a 35.620 dollari). Dati alla mano, gran parte della popolazione giordana è povera – i bassi stipendi non riescono a far fronte all’aumento del costo della vita – ed è per questo che sono sorte molte istituzioni di microcredito e microfinanza, e hanno avuto un successo crescente. La situazione è aggravata dal gran numero di profughi presenti sul territorio giordano: ai palestinesi arrivati a seguito delle guerre del ’48 e del ’67 (41% di una popolazione sui 6 milioni di abitanti), e ormai perfettamente integrati (nel 2015, hanno rappresentato il 53% dei beneficiari di microcredito erogato dalla Banca Nazionale di Microfinanza), si sono aggiunti, più recentemente, iracheni e siriani.

Secondo le stime di mixmarket.org (piattaforma che fornisce informazioni sul settore dell’inclusione finanziaria), la microfinanza in Giordania copre il 4% del mercato, ed è ben sviluppata, altamente competitiva e redditizia. L’incremento del reddito, a seguito dell’apertura di micro imprese favorita dalle istituzioni di micro credito, viene utilizzato per sanare debiti, ma soprattutto per migliorare la qualità di vita della propria famiglia: in particolare aumenta il consumo di cibo e migliorano le condizioni abitative.

Sono circa una decina gli enti erogatori di microcredito, con potenzialità diverse: nel 2013 sono arrivati ad erogare un totale di oltre 260 milioni di dollari. Oltre ai già citati Al Watani, Tamweelcom e Ethmar for Islamic Finance, vediamone qualcun altro.

La Ahli Microfinance Company è un’emanazione della Jordan Ahli Bank, istituita nel 1999 per favorire i clienti solitamente trascurati dalle banche tradizionali, conta oggi 24 filiali e impiega un totale di 200 dipendenti. Dalla costituzione a oggi, ha distribuito 98 milioni di prestiti in dinari giordani a 108mila titolari di piccole imprese locali.

La Finca è una banca comunitaria non convenzionale, basata ad Amman dal 2007 (oggi ha nove filiali in vari distretti del Paese), che si propone di alleviare la povertà, creare opportunità di lavoro e migliorare le condizioni di vita della popolazione più bisognosa. I prodotti sono diversi: per esempio, c’è il prestito solidale per l’avviamento di micro imprese da parte di gruppi di donne; va dai 300 ai 2.000 dinari, con un tempo di restituzione massimo di 24 mesi.

Il Microfondo per le Donne (MFW) ha iniziato l’attività nel 1994, in due campi profughi palestinesi ad Amman, come programma pilota della Ong internazionale Save the Children. Nel 1996 MFW è diventato indipendente, ed è stato registrato come società senza scopo di lucro, con il nome attuale, presso il Ministero dell’Industria e del Commercio; la società è affiliata alla Women’s World Banking, network internazionale che dal 1979 opera nel campo del microcredito a favore delle donne. MFW ha un portafoglio di oltre 70mila clienti (circa il 97% sono donne tra i 18 e i 65 anni), con prestiti erogati pari a 24,5 milioni di dollari (dato 1994-2011). Alcune donne hanno chiesto prestiti per avviare attività commerciali: negozi di abbigliamento, biancheria da letto e cosmetici; altre per imprese artigianali nel settore alimentare e tessile. MFW fornisce inoltre un’assicurazione sulla vita, che copre anche le spese mediche e di ospedalizzazione, nonché formazione sulle competenze commerciali e di impresa. “Mentre la maggior parte degli istituti di credito commerciali considerano le donne non bancabili, noi le consideriamo agenti di cambiamento – si legge nel sito -. Investire nelle donne innesca un potente effetto moltiplicatore, che influenza positivamente le famiglie e le comunità intere. Le donne hanno anche dimostrato di essere eccellenti destinatarie dei prestiti, rimborsandoli in tempo e investendoli in modo responsabile. Ma il nostro impegno va oltre. Le donne, infatti, costituiscono il 73% del nostro personale, e molte di loro vivono nelle stesse comunità delle nostre clienti, questo ci consente di valutarne le reali esigenze, costruire relazioni di lavoro e sviluppare prodotti e servizi mirati al genere femminile”.

Nel 2003, l’URWA, Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e le Attività per i Rifugiati Palestinesi nel Vicino Oriente, ha istituito in Giordania un fondo per il sostegno all’educazione, all’alloggio e alle imprese, in particolare a favore di profughi palestinesi. Con una crescita continua, nel 2015 uno specifico prodotto ha finanziato quasi 5.000 prestiti pari a quasi tre milioni di dollari.

Vitas Jordan, società controllata da Global Communities, serve 11mila clienti in tutta la Giordania. I prodotti sono articolati in prestiti agricoli, per l’avvio o l’ampliamento di aziende, per le famiglie, per prestiti scolastici. “Oltre a dare un’opportunità a chi non verrebbe considerato da una banca convenzionale, il valore aggiunto della microfinanza – evidenziano in Vitas – sta nel fatto che aiuta a scoprire talenti personali che neanche si sapeva di avere. È successo con una nostra cliente, Randa. Aveva iniziato per gentilezza a costruire piccoli souvenir per i genitori degli amichetti di suo figlio. Si trattava di begli oggetti, artistici. Chi ha ricevuto il regalo, non solo lo ha apprezzato, ma ha cominciato a raccontare agli amici delle capacità di questa signora. Così a Randa sono arrivate le prime richieste per le sue creazioni. A quel punto ha scelto di provare a farne un’attività professionale, noi l’abbiamo aiutata, e ha avuto successo. La particolarità è che i suoi souvenir sono tutti costruiti con materiali riciclati, per il rispetto dell’ambiente”.

Le istituzioni di microcredito e di microfinanza si avvalgono del Loan Officer, il funzionario del prestito. Egli si reca quotidianamente a casa dei clienti per monitorarne il lavoro, proporre nuovi prestiti, o rinnovarli. Quando qualcuno inoltra una richiesta, il Loan Officer lo va a trovare e assieme viene decisa la tipologia del prestito, quindi viene compilato un documento con tutti i dati relativi al cliente e al prestito richiesto. Questo documento viene prima verificato in filiale e poi inviato al Head Office, e da lì la richiesta viene trasferita al Credit Department. È il Dipartimento che decide se la richiesta può essere accettata, dopo aver controllato la validità dei documenti di identità dei clienti e dei garanti, la loro residenza, la situazione reddituale, e che tutta la procedura sia stata effettuata in maniera corretta. Se tutto è nella norma, la cartella di richiesta torna alla filiale dalla quale è partita, dove il cliente firma il contratto di prestito e riceve l’assegno per il ritiro dei soldi in banca. Se non ci sono irregolarità, in tre giorni il contratto è concluso. Se il prestito non è accettato, può essere ricontrattato.

EL AMIR, ESEMPIO DI MICROCREDITO ANDATO A BUON FINE

Le grotte di Iraq el Amir (credits Romina Gobbo)

Iraq al-Amir (grotte del principe) è una località nella valle di Wadi al-Seir, a circa una ventina di chilometri da Amman. In mezzo ad alberi ed uvili, si trova un sito abitato già nel 4.000 a.C. dai Tobiadi, una famiglia citata dalla Bibbia, che parlava l’aramaico. Il complesso, scavato nella roccia, contempla il palazzo di Qasr al-Abd (II secolo a.C) e quattordici grotte usate sia come abitazioni che come tombe. La Fondazione patrocinata dalla regina Noor (Noor al-Hussein Foundation), con il supporto del Governo svizzero, si è posta l’obiettivo di recuperare il patrimonio contadino del posto, nell’ottica di promuovere il turismo, ed ottenerne un introito da reinvestire nell’area. Nel 1994 è nata la cooperativa di donne “Iraq al Amir Women Cooperative Society” impegnata in attività agricole, nella produzione di olio e ortaggi, nella coltivazione di fichi e datteri, oltre che nella realizzazione di tappeti in lana di montone, e nella creazione di gioielli in argento e ottone, biglietti augurali, saponi, vasi e altri manufatti in ceramica, carta, metallo e tessuti. Inizialmente sono state coinvolte 41 donne, oggi sono 156, con un miglioramento del tenore di vita in tutta la località. Per loro è stata realizzata una struttura che comprende un laboratorio, alcuni negozietti per la vendita e una cucina, dalla quale escono piatti prelibati, come la “rovesciata” Maklouba, a base di pollo, riso basmati, melanzane, altre verdure e spezie. Deve il suo nome al fatto che si serve rovesciata. “Iraq al Amir Women Cooperative Society” è un altro piccolo miracolo del microcredito, che permette a donne appassionate di far emergere tutta la loro forza e la loro grinta in un’ottica di riscatto prima di tutto personale.

© 2017  – Testo e foto di Romina Gobbo

pubblicato su Microfinanza – ottobre-dicembre – anno 2017 – n. 19 – pagg. 74-81

 

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