«Accorciare le distanze fra popoli diversi». Questo era l’intento di Benedetta Sala, trevigiana, 44 anni, quando nel 2000, fresca di laurea, è partita per Luxor, in Egitto, per insegnare la lingua italiana in un istituto gestito dalle suore copte. Non poteva allora immaginare che quel suo primo impiego avrebbe presto lasciato posto ad un’attività imprenditoriale, proprio tesa ad avvicinare le culture. Perché se gli egiziani volevano imparare l’italiano, gli europei volevano imparare l’arabo. Detto fatto. Benedetta organizza un corso di arabo classico (quello in uso nei media, nelle relazioni diplomatiche e commerciali, nelle conferenze, nelle Pubbliche Amministrazioni… ndr) per gli stranieri lì presenti; la sede viene fornita dalle suore presso le quali insegna. Ma le richieste aumentano, un unico corso non è più sufficiente, nasce allora Ahlan World (in arabo: benvenuto), una scuola specificamente dedicata all’insegnamento dell’arabo, questa volta a fornire i locali sono i Francescani.
Poi le scuole sono aumentate – oltre a Luxor, ci sono Alessandria, Cairo (Egitto), Rabat (Marocco), Amman (Giordania) – e oggi danno lavoro a 75 persone. «Ad Alessandria – racconta – abbiamo aperto perché a Luxor d’estate era un caldo insopportabile, impossibile studiare. Al Cairo siamo approdati grazie ad una Ong locale, nostra partner, che operava in un quartiere periferico; ci chiese di andare ad insegnare arabo ai poveri che assisteva, che parlavano solo dialetto. Quando nel 2011 è scoppiata la rivoluzione, ci hanno evacuati, così sono andata in Giordania e ho aperto lì. Ma la vicinanza con la Siria in guerra ha fatto diminuire le iscrizioni. Così ho aperto anche a Rabat, in Marocco. Nei Paesi arabi fare impresa è piuttosto semplice, e la donna straniera imprenditrice è accettata perché è vista come portatrice di benessere».
I frequentanti delle Ahlan sono l’80 per cento universitari – ma ci sono anche professionisti, docenti e appassionati – provenienti dal Nord Europa e dall’Italia (soprattutto da università specializzate in studi orientali, come Ca’ Foscari di Venezia e l’Orientale di Napoli); non mancano coreani, cinesi, giapponesi e americani. Sono in aumento le persone di origine araba che non conoscono l’arabo. Un anno di volontariato in Caritas e l’associazionismo scoutista hanno insegnato a Benedetta ad ascoltare i giovani. «Ahlan – spiega – significa che ci poniamo con un sentimento di accoglienza nei confronti di chi viene a studiare da noi. Spesso lo studente è disorientato dal fatto di trovarsi in un Paese nuovo, con usi e costumi diversi. Noi cerchiamo di mettere ciascuno a proprio agio, di accompagnare nello studio, nella ricerca dell’alloggio e, soprattutto, cerchiamo di favorire l’amicizia, organizzando cene, escursioni e momenti di confronto fra stranieri e autoctoni. Oggi creare dialogo è più difficile di ieri, perché il mondo arabo ha subito un’evoluzione al negativo: c’è meno sicurezza, più povertà, sono aumentate le donne completamente velate, e gli attentati hanno alimentato la diffidenza reciproca».
© 2017 – Romina Gobbo
pubblicato su Avvenire – Attualità – venerdì 29 dicembre 2017 – pag. 10