Ci prova almeno dal 2011, quando anche noi andammo a vedere il “miracolo” della scuola di gomme nel villaggio beduino di Khan Al Ahmar, nel deserto israeliano. Stavolta ce l’ha fatta. La Corte Suprema israeliana ha deciso l’abbattimento della scuola di gomme e la distruzione dell’intero villaggio, privo – dice la sentenza – dei necessari permessi per costruire. Ma sappiamo bene che ad un palestinese non sarà mai concesso un permesso per costruire nell’area C, sottoposta all’Autorità israeliana. Gli abitanti del villaggio, appartenenti alla tribù beduina dei Jahalin, saranno “ricollocati altrove”. Così saranno abbattute anche tutte le speranze che quella scuola aveva contribuito ad alimentare. Le speranze di tanti bambini beduini per i quali quello è l’unico percorso scolastico possibile. Chiamata “scuola di gomme” perché priva di fondamenta e i cui muri sono costituiti da oltre 2.200 penumatici usati (il progetto è di uno studio milanese), per aggirare l’ostacolo del divieto di costruzioni in muratura, era stata realizzata grazie all’impegno di alcune Ong italiane – in primis Vento di Terra -, e con il contributo della Farnesina, della nostra cooperazione internazionale, della Cei e della Ue. Vari governi hanno chiesto a Israele di desistere dalla decisione. Non è servito. Le ruspe abbatteranno le case e la scuola per far posto ad una strada di collegamento fra due insediamenti ebraici. Potrà avvenire dal primo giugno, in un momento qualsiasi, senza preavviso, giorno o notte che sia.
Sarò banale, ma io davvero non riesco a capire. Camminiamo su questa terra – se Dio ce ne dà la grazia – settanta, ottant’anni, siamo un niente all’interno del ciclo delle epoche. Eppure ci ammazziamo per sassi, polvere, confini, come se dovessimo stare qui per sempre. Quando invece quella terra servirà solo a coprirci per il riposo eterno. Quanto è stupido l’uomo che si crede immortale.
© 2018 – Romina Gobbo – Facebook 27 maggio 2018