Non ha mai chiesto vendetta. Qualche giorno fa è morta senza clamore così come senza clamore aveva vissuto, Hatidza Mehmedovic, fondatrice e per molti anni presidente dell’associazione Madri di Srebrenica. Nel massacro dell’11 luglio 1995 aveva perso il marito, entrambi i figli – Azmir e Almir -, i fratelli e altri componenti maschili della sua famiglia. Da quel momento Hatizda ha combattuto per il riconoscimento della verità in merito alle vicende che portarono l’Esercito della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina ad entrare in quella che sarebbe dovuta essere una “safe area” sotto la protezione delle Nazioni Unite. E invece fu dell’Onu la vergogna più grande: i caschi blu olandesi stettero a guardare mentre il generale Mladic separò i maschi dalle donne e dai bambini, oltre 8.000 uomini furono ammazzati e sepolti in fosse comuni. Sarebbe stato facile odiare, invece Hatidza divenne instancabile sostenitrice della non violenza, impegnandosi tutta la vita per la giustizia, perché solo da essa può scaturire la riconciliazione. Di strada ce n’è ancora da fare, ma la pista è stata aperta. L’attuale clima di intolleranza richiede di richiamare alla memoria fulgidi esempi che possono rischiarare le tenebre. E come per Plaza de Mayo ancora una volta sono le madri ad invocare pace e riconciliazione.
© 2018 Romina Gobbo – Facebook 1 agosto 2018