«Piacere, sono Davide. Tu sei Gesù, vero? Volevo farti i complimenti. Ce ne fossero di uomini come te». È la frase che Davide Peron, giovane cantautore nato a Schio (Vicenza), vorrebbe dire al Figlio di Dio. Simpatico, aperto e gioviale, non nasconde il suo sogno più serio: «Incontrare quell’uomo rivoluzionario, venuto per cambiare il cuore dell’umanità». Da parte sua, a cambiare qualcosa, ci prova con la musica. «Essa arriva e abbatte tutte le porte. Mentre ascolti un concerto, vengono meno tutte le difese, soprattutto in chi ne ha meno, come i ragazzi di cui mi occupo, disabili mentali. Ho imparato a usare la musica per curare i grandi dolori degli altri».
Davide, oltre a comporre e cantare, ha una laurea in Scienze dell’educazione, lavora come educatore e, pur nella fatica di essere «diviso a metà», non ha nessuna intenzione di mollare le persone «rotte», che «andrebbero ascoltate di più, perché portano con sé la verità. E io ho bisogno di verità, di gente che non ha maschere, di toccare l’uomo nella sua essenza, e tutto questo lo trovo nelle persone cosiddette in difficoltà ma, se le conoscessimo, ci accorgeremmo che quelli in difficoltà siamo noi». Oggi ci sono i disabili mentali, ma in passato ci sono stati i senza-tetto, i tossicodipendenti, i minori in difficoltà, gli stranieri non accompagnati, gli psichiatrici… ma anche il rapporto con Libera, da cui è scaturita la canzone “La pallottola”, diventata l’inno ufficiale della sezione veneta dell’associazione fondata da don Luigi Ciotti. «Devo riempirmi con la vita, allora posso scrivere canzoni. Perché io non sono altro che uno strumento, un mero esecutore. Non decido nulla, non sarei capace di scrivere parole significative da solo. L’ispirazione è oltre me, si deposita in me, ma devo essere pronto: perciò studio, canto, mi esercito. È faticoso, ci sono difficoltà, ma anche armonia e unicità. Se non c’è qualcos’altro, tutto finisce in te. Questo qualcos’altro per me è la musica, ma potrebbe anche essere Dio, o qualsiasi cosa sia creatrice di vita, di pensiero, che ovviamente è bene».

Davide Peron con don Luigi Ciotti
LA MELODIA DELLA VITA
Come la melodia anche le parole arrivano dalla vita di Davide. Per esempio, dal matrimonio con Eleonora Fontana, attrice professionista. «La nostra è un’unione in tutti i sensi, una fusione perfetta e totale», afferma il cantautore. «Dal punto di vista artistico, significa che i nostri spettacoli teatrali-musicali funzionano perché ci sono io che canto e lei che recita. Affrontiamo sempre temi impagnti, ma in maniera gioiosa, come il recente videoclip con i ragazzi della cooperativa sociale per la quale lavoro. Persone che non sanno parlare e leggere. Guidate, sono riuscite a elaborare la trama del video e a costruire le scenografie».
Con la moglie, Davide condivide soprattutto un sentire comune. «Anche lei non ha fatto scelte commerciali, preferendo il teatro al cinema. Al nostro matrimonio tutti cantavano e ballavano. Era la festa del Signore. Poi, il 5 gennaio 2017 è nata Anita Maria, un amore che arriva dal nostro amore. La guerdavo dormire, e la musica mi ha detto: “È di nuovo ora di scrivere”. Ed è arrivato il cd “Inattesi”, che vuole essere un inno alla vita, nella consapevolezza che ci sono bambini inattesi nel senso di non voluti, e ci sono quelli guardati con ostilità perché arrivano sui barconi».
Cosa non va oggi? «Il fatto che l’altro, a volte, divenga solo un numero, un nemico», risponde Davide. «Tutto questo dev’esserci qualcuno che lo scrive e che lo canta».
CONCERTI… IN DIALOGO
Anche Dio diventa fonte di ispirazione attraverso domande che Davide prima rivolgeva in privato ad un amico frate cappuccino, ma che poi ha deciso di portare sul palcoscenico. Domande quali: “Che cos’è l’amore?”, “Quando muoio, dove vado?”, “Perché i preti sbagliano?”. Questa ricerca è diventata un format: i “Concerti in dialogo”. «Davanti al pubblico, condivido di volta in volta questi interrogativi con un testimone d’eccezione», spiega il cantautore. «L’ho fatto, per esempio, con Alberto Maggi e Adriano Sella. Ne escono riflessioni profonde, ma soprattutto emerge tutta l’umanità di Gesù. Sentirne parlare per me è bellissimo. Dio si manifesta nella verità. Per fortuna redime anche chi, come me, a volte è dubbioso».
L’estate di Davide Peron è dedicata per l’undicesimo anno consecutivo a “Mi rifugio in Tour”, ciclo di concerti-spettacolo nei rifugi delle Piccole Dolomiti, seguiti di volta in volta da oltre duemila persone. «Avevo un anno e mezzo quando papà per la prima volta mi ha portato sul monte Summano», confida. «Lui era un contadino, figlio di contadini. Pertanto, sono cresciuto imparando il valore del tempo, l’alternarsi delle stagioni, il rispetto per la vita, la disciplina, la bellezza, ma anche la crudeltà della natura. Salire a piedi in montagna è faticoso, lo zaino è pesante. Quando arrivi in cima, però, le fatiche diventano aria fresca, panorama, orizzonte. È un contatto più vicino al cielo, un punto privilegiato. Come la fede, anche la montagna è una conquista, ma è una fortuna».
In teatro c’è uno stacco fra artista e pubblico, invece «in montagna la fatica si fa assieme, si mangia assieme, si chiacchiera, si è tutti uguali. E, ad un certo punto, io suono. È un incontro di anime in cima ai monti. Ecco perché non vado ad abitare in città. Perché non voglio perdere la mia umanità, adesso che la sto scoprendo sempre più profondamente. La terra e il territorio sono parte del mio essere cantautore, e del mio essere credente. C’è bisogno di una speranza oltre noi, il contadino e chi va in montagna sanno che esiste».
© 2018 Romina Gobbo
pubblicato su Credere – domenica 26 agosto 2018 – n. 34 – pagg. 34, 35, 36, 37