«Direi che mi sento bene, anche se un mese fa ho avuto un paio di notti difficili, ho rivissuto qualche paura, poi per fortuna ho ricominciato a dormire. Certo, i rumori notturni un po’ mi agitano. Tuttavia, dal punto di vista psicologico, ho già decantato l’avvenimento. È stato fondamentale il fatto di essere insieme. Ci siamo potuti confrontare, perciò la nostra analisi psicanalitica, l’elaborazione delle nostre paure, l’abbiamo fatta lì, e poi, attraverso la fede, abbiamo dato un senso all’esperienza. Però ci sono ancora dentro, anche attraverso gli incontri, che viviamo sempre intensamente, perché vogliamo donare quello che è stato donato a noi. Più che di raccontare, si tratta di fare memoria, restando dentro a quelle parole forti che ci siamo detti in quei momenti duri, per una vera conversione di vita». Me lo disse don Gianantonio Allegri dopo qualche mese dal rilascio. Era il 2014. Era stato rapito da Boko Haram nel nord del Cameroun insieme a don Giampaolo Marta, entrambi sacerdoti fidei donum della diocesi di Vicenza, e alla canadese suor Gilberte Bussiéré. Ho scritto decine di articoli su quel rapimento. E così con don Gianantonio siamo rimasti amici. Tanto che lo scorso anno mi invitò in parrocchia da lui per parlare della donna nell’Islam. È morto stamattina all’ospedale di Vicenza e mi lascia un grande vuoto. La liturgia di commiato e di suffragio avrà luogo venerdì 31 agosto alle 11 in Cattedrale a Vicenza, dove la salma arriverà alle ore 9.30 per un momento di preghiera e testimonianza. Riposa in pace. Ti abbraccio don.
© 2018 Romina Gobbo – Facebook 29 agosto 2018