I mali del mondo del lavoro. Raccomandato per la vita – The ills of the world of work. Recommended for life

Il problema del mondo del lavoro non sono le raccomandazioni. Possono dare fastidio – ovviamente a chi sta dalla parte dei non raccomandati e che vive la fatica della ricerca di un lavoro, ricevendo continui dinieghi e porte in faccia -, ed è comprensibilissimo. Però il sistema italiano ha sempre funzionato così. In Italia i curriculum non contano niente. Le banche privilegiavano i figli dei dipendenti. L’imprenditore accetta di buon grado di assumere il figlio dell’amico. È naturale. Lo si conosce. I figli degli statali hanno una serie di privilegi a livello di borse di studio. Nei concorsi statali, chi ha già lavorato nel pubblico parte da una maggiore dotazione di punti. Il vero problema è che non si può mai licenziare il soggetto a cui si è data una chance perché segnalato. Bisogna tenerselo a vita. Poter avere delle opportunità non è di tutti, io riterrei che chi ce l’ha dovrebbe fare i salti mortali per dimostare quanto è bravo/a e quanto si è meritato quell’opportunità. Invece no. Il soggetto/a in questione evidentemente ritiene di avere un merito divino. E, per una serie di lacci e laccioli burocratici, ma anche per questioni da lacchè, tale soggetto ce lo dobbiamo tenere sul groppone per sempre. Se parliamo del settore privato, in fondo è un problema dell’imprenditore e dei suoi colleghi che dovranno lavorare di più per supplire al nullafacente, ma se parliamo di pubblico, significa che ci dobbiamo dividere il peso dello stipendio del tale (che non è uno, ma migliaia), oltre a non avere un servizio efficiente. Poi potremo parlare dei cosiddetti “posti di scambio”, ma diventerebbe davvero un discorso troppo lungo. Ahimè!

© 2018 Romina Gobbo – Facebook 11 ottobre 2018

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