Il Mozambico è bisognoso di “speranza, pace e riconciliazione”, le tre parole del motto papale dedicato al viaggio. Speranza, perché il Paese si sta faticosamente riprendendo dalla devastazione seguita al passaggio, lo scorso marzo, dei cicloni Idai e Kenneth: quasi 640 morti e danni materiali a infrastrutture e coltivazioni, che ammontano ad almeno 900 milioni di dollari. Pace e riconciliazione per i contrasti tra il partito al potere e l’opposizione. Nonostante tre accordi di pace – l’ultimo siglato il 6 agosto scorso tra il presidente Filipe Nyusi, esponente del Fronte di Liberazione del Mozambico (Frelimo), e il leader della Renamo (Resistenza Nazionale Mozambicana), Ossufo Momade, l’instabilità perdura. A Beira, nel centro del Paese, sulla costa, “i più semplici sono stati felici dell’arrivo del Papa, lo considerano una grazia, soprattutto dopo tanta disperazione – dice suor Anna Fontana, vicentina di Schio, della comunità delle suore Orsoline del Sacro Cuore di Maria, presenti in questa città e a Dondo, che è andata ad accogliere Bergoglio a Maputo con altre consorelle -; molte persone hanno acquistato in diocesi la capulana con il motto papale. Si tratta di un telo colorato, che viene usato tanto per fare gonne che camicie. E’ un modo per sentirsi vicini al Papa anche con il vestiario. Tutte le comunità cristiane in tutte le Messe domenicali da tempo riflettono e pregano sul tema proposto. Questa visita porta un messaggio pastorale ma anche di vita”. Resta il rammarico perché il Papa non si è potuto recare a Beira, colpita dalle alluvioni, e una delle zone più povere del Paese, andando solo nella capitale Maputo, centro del potere politico, che invece è stata risparmiata. I vescovi avevano chiesto almeno una fermata all’aeroporto, ma l’organizzazione vaticana non ha acconsentito. “Ci aspettavamo tutti che arrivasse il Papa anche da noi. Sarebbe stato un gesto di consolazione per le persone, e un modo per attirare l’attenzione sui cambiamenti climatici che coinvolgono pesantemente il nostro Paese, e su questa città, che sta cercando di rimettersi in piedi”, aveva detto all’agenzia Ecclesia l’arcivescovo di Beira, il dehoniano Claudio Dalla Zuanna, nascita in Argentina, ma infanzia a San Nazario, diocesi di Padova e provincia di Vicenza. A mediare con la popolazione, spiegando che il Papa “è anziano” e quindi non ce la faceva a raggiungere anche Beira, sono stati i due fidei donum della diocesi di Vicenza, don Maurizio Bolzon e don Davide Vivian, e don Giuseppe Mazzocco della diocesi di Rovigo, che lì operano assieme ad alcuni religiosi saveriani. Francesco nel discorso di ieri alle autorità politiche e al corpo diplomatico ha esordito con “parole di vicinanza e di solidarietà” rivolte “a tutti coloro sui quali si sono abbattuti recentemente i cicloni Idai e Kenneth, le cui devastanti conseguenze continuano a pesare su tante famiglie”. “Purtroppo non potrò recarmi personalmente da voi – ha aggiunto il Pontefice -, ma voglio che sappiate che condivido la vostra angoscia, il vostro dolore e anche l’impegno della comunità cattolica nell’affrontare una così dura situazione. In mezzo alla catastrofe e alla desolazione, chiedo alla Provvidenza che non manchi la sollecitudine di tutti gli attori civili e sociali che, ponendo la persona al centro, siano in grado di promuovere la necessaria ricostruzione”.
La situazione stradale non ha agevolato la presenza degli abitanti di Beira a Maputo. Nella capitale, comunque, è arrivata una delegazione ufficiale di quaranta persone, per portare testimonianza del disastro vissuto.
© 2019 Romina Gobbo
pubblicato su Avvenire – Primo Piano – venerdì 6 settembre 2019 – pag. 8