
Giacomo Rubini (credits RG)

Gissela Yumbo (credits RG)
Cos’è l’amore? «È una lingua comune». Può sembrare una frase banale, ma se a pronunciarla è un giovane che ha lasciato “a tempo indeterminato” Ravenna per vivere la sua relazione sentimentale con una ragazza ecuadoriana, ad Archidona, nell’Alto Napo, a pochi passi dalla foresta amazzonica, beh allora il significato acquista profondità. Incontro Giacomo nella su “nuova casa” oltre oceano, lo guardo mentre si aggira scalzo in questo angolo di mondo sperduto, con addosso una specie di saio, e mi rendo conto che è davvero nel suo habitat.
In realtà, Giacomo Rubini, trent’anni, la lingua locale ha voluto impararla, ma più per conversare con la futura famiglia, che con la sua fidanzata, la ventottenne Gissela Yumbo, che parla correttamente lo spagnolo. Giacomo è uno dei pochi stranieri a padroneggiare la lingua kichwa, che ha un sistema fonetico piuttosto complicato, ma anche una grande importanza storico-culturale, poiché era utilizzata già dagli Inca. «Imparare la lingua del luogo è il minimo se si vuole conoscere una realtà. Si tratta di uno strumento importante per entrare in contatto soprattutto con le persone più anziane, che non conoscono lo spagnolo. Ma sono loro che custodiscono le tradizioni alle quali io sono interessato, mentre i giovani le stanno perdendo, a causa delle dinamiche globali. Con Gissela ci imponiamo di parlare kitchwa, perché così io posso impratichirmi di più».
I due ragazzi risiedono in una delle casette gestite da Amupakin, associazione di donne ostetriche (parteras), fondata da Marìa Antonia Shiguango, e la cui presidente, Ofelia Salazar, è la madre di Gissela. «Si tratta di una sistemazione temporanea – dice Giacomo -, perché stiamo già costruendo la nostra casa». Al momento i due fidanzati supportano l’attività dell’associazione, che offre servizi di accompagnamento pro, durante e post parto per le donne della provincia, terapie basate sulle proprietà curative delle piante, e gestisce anche un Centro di turismo comunitario. Qui arrivano turisti, pazienti, studenti, volontari, e quanti sono incuriositi da questa saggezza millenaria. Proprio la sua passione per la botanica ha portato Giacomo fin qui, due anni fa. «Ho studiato Tecniche Erboristiche – un ramo della facoltà di Farmacia – a Bologna. Mi sono laureato nel 2012, poi ho intrapreso alcune esperienze lavorative e di volontariato, tra cui il Servizio civile in Ruanda. Ma mi ha sempre attratto molto il mondo delle piante. Pertanto, quando ho visto il bando Focsiv-Engim, che selezionava volontari per i Corpi Civili di Pace da coinvolgere in un progetto sui temi ambientali e di appoggio alle comunità indigene, da sviluppare in Ecuador, ho inoltrato la domanda. All’inizio, operavo a Tena poi, siccome mi affascinano le piante medicinali, ho conosciuto Amupakin, che da Engim è sostenuta».

Il gruppo delle parteras (credits RG)
Quindi c’è stato il colpo di fulmine: per il luogo e per l’associazione. «Ho riscoperto valori – prosegue Giacomo – che da noi si sono persi, mi nutro di calma, di silenzio, ho imparato a vivere in armonia con la natura, seguendone i ritmi». Ma il colpo di fulmine decisivo è stato, naturalmente, per Gissela. «Il sentimento per lei è ciò che mi ha fatto decidere di continuare la mia vita qui. Quando ho iniziato questa relazione, ho voluto chiarire subito con la sua famiglia che per me era una cosa seria. Certo, all’inizio si fatica a capire quale sarà l’evoluzione, ma la mia disponibilità c’è sempre stata. I suoi genitori hanno apprezzato questa sincerità perché erano preoccupati. Succede spesso che arrivino ragazzi stranieri, si prendano una fidanzata locale per l’anno di volontariato, e poi se ne vadano». «Quando l’ho visto – racconta Gissela , mingherlina, capelli lunghi neri e gli occhi che le brillano – mi è piaciuto subito perché era un ragazzo molto amabile, molto disponibile, era molto attento con le nostre ostetriche. Ha un cuore pulito. E io mi sono sentita subito al sicuro. Ai miei genitori Giacomo piace, mio padre lo tiene molto in considerazione. Un po’ alla volta anche il resto della mia famiglia, che è molto estesa, lo conoscerà».
Racconta di nuovo lui: «Qui il primo step è conoscere la famiglia. Poi, secondo un’antica tradizione, dovrebbero essere i genitori dell’aspirante sposo a chiedere ai genitori della ragazza, la sua mano per il figlio. Di solito avviene il giorno stesso del matrimonio, è una sorta di rito, e non succede mai che la mano venga negata, anche perché i ragazzi già si conoscono. Noi abbiamo fatto tutto questo in maniera simbolica».
I tuoi genitori come hanno reagito? «Sono figlio unico, quindi per loro è stata una bella “botta”. C’è voluto un po’ di tempo per metabolizzare. Erano abituati al fatto che io restassi lunghi periodi all’estero, ma accettare la mia decisione di rimanere lontano per sempre è stato più difficile. Però mi hanno sempre supportato, per loro l’importante è che io sia felice. Sono venuti a trovarmi, hanno conosciuto Gissela e il suo mondo. Questo per noi è stato fondamentale». Ma, visto che Giacomo è straniero, qualche altro “ritocco” alla tradizione locale è avvenuto. «Di solito è la famiglia del ragazzo che accoglie in casa la fidanzata come se fosse una figlia; in questo caso, poiché i miei sono in Italia, sono stati i genitori di Gissela ad accogliere me come un figlio. Devo dire che loro sono una famiglia molto aperta. Hanno sempre avuto relazioni con persone straniere, e i matrimoni interetnici qui sono la normalità».
A proposito di matrimonio, progetti? «Non abbiamo fretta. La famiglia di Gissela ogni tanto ce lo chiede, ma non ci fa pressione. Quando avverrà, ci sarà la celebrazione – siamo entrambi cattolici – e poi una grande festa come si usa da queste parti». Al momento Giacomo si presta come consulente-interprete per alcune agenzie di cooperazione, oppure segue i giornalisti, un lavoro da freelance, ma il futuro? «Vogliamo costruire una finca, una fattoria. E vivere il più possibile in maniera autosufficiente, coltivando i prodotti della terra, e magari strutturandoci per l’accoglienza ai turisti». Gissela nel frattempo sogna un viaggio in Italia: «Mi piacerebbe toccare con mano com’era prima la vita di Giacomo».
Engim, volontari in prima linea
L’Engim (Ente Nazionale Giuseppini del Murialdo) è presente in Ecuador dal 1992, con programmi di sostegno e sviluppo rivolti alle popolazioni in situazioni di rischio e di marginalità sociale. Da allora ha realizzato oltre trenta progetti in tutto il Paese, a favore soprattutto dei giovani, delle donne e delle comunità indigene, utilizzando anche risorse umane ed economiche fornite da diversi donatori (MAE, AICS, CEI, Regioni, Commissione Europea, Consiglio Italiano dei Ministri). Oggi la presenza è articolata su tutto il territorio nazionale (la capitale Quito, Tena, capoluogo della provincia di Tungurahua, la più piccola delle 24 province ecuadoriane, Santo Domingo de los Tsachilas). L’associazione è impegnata nelle seguenti attività: sostegno a centri di aggregazione giovanile, con attività di educazione formale, informale ed animazione; assistenza psico-sociale, sanitaria ed alimentare a minori e famiglie in condizioni di privazione; programmi di formazione professionale e reinserimento socio-lavorativo per giovani, donne e disabili in condizioni di vulnerabilità sociale ed economica; laboratori per produzioni artigianali, con l’utilizzo di risorse naturali, valorizzando conoscenze e competenze tradizionali; formazione professionale in ambito agricolo, per la valorizzazione e conservazione del territorio; costruzione di serre; sostegno alle comunità indigene e ai piccoli produttori; programmi di riforestazione e conservazione delle specie tipiche della foresta amazzonica; corsi di educazione ambientale e avvio di orti scolastici; studi e ricerche per migliorare la qualità delle colture e i sistemi produttivi; promozione della sensibilizzazione verso i diritti umani. Più di 100 giovani hanno contribuito all’impegno di Engim in Ecuador, attraverso il volontariato internazionale, il servizio volontario europeo, il servizio civile, i corpi civili di pace e i tirocini universitari.
Progetti per aiutare i ragazzi vittime di violenza e abbandono

Ylenia Torricelli, responsabile Ecuador per Engim (credits RG)
Engim (Ente Nazionale Giuseppini del Murialdo), con cui Giacomo Rubini è partito come volontario, aderisce a Focsiv, Federazione degli organismi cristiani servizio internazionale volontario, di cui fanno parte 86 Organizzazioni che operano in oltre 80 Paesi del mondo. Dala sua nascita, nel 1972, Focsiv e i suoi Soci, hanno impiegato 27.000 volontari internazionali e giovani in servizio civile, in progetti che vanno dall’ambito socio-sanitario a quello agricolo-alimentare, dall’educativo al rafforzamento istituzionale. Presente in Ecuador dal 1992, Engim ha iniziato con la prevenzione e il recupero di bambini e adolescenti che vivono in situazione di disagio. Oggi si occupa anche di progetti contro la violenza di genere, la difesa dell’ambiente e la valorizzazione della cultura locale ancestrale. La sede è a Tena, nel Vicariato Apostolico del Napo, presso “Casa Bonuchelli”, di proprietà della Congregazione dei Padri Giuseppini del Murialdo. Attuale referente dei progetti Engim in Ecuador è Ylenia Torricelli.
© 2019 Testo e foto di Romina Gobbo
pubblicato su Avvenire – Noi famiglia & Vita – domenica 24 novembre 2019 – pagg. 12 e 13