DW(ITALIA).«Riso, pollo, patate fritte e cocacola. L’“occidentalizzazione” dei gusti non è solo un problema di dieta più o meno equilibrata, ma anche di perdita di rendimento economico per le produzioni locali». A dirlo è Andrea Cianferoni – incontrato in Ecuador nell’ambito della missione organizzata dalla Ong Focsiv -, quale coordinatore in loco del programma “Cadenas de Valores”, che si suddivide in due progetti: Catene di valore inclusive e sostenibili (cofinanziato dall’Unione Europea, la Ong Cefa e il Ministero dell’Agricoltura), e “Juntos” (cofinanziato dall’Agenzia italiana per la Cooperazione allo sviluppo, Cefa, Engim e Istituto nazionale di ricerca agro-zootecnico), di cui è responsabile Fabio Scotto.
«L’obiettivo – spiega Luigi Morelli Ovani, in servizio civile per i progetti rurali Cefa – è sostenere le catene di valore inclusive e mettere in rete i piccoli produttori, migliorandone le capacità produttive, organizzative e commerciali. Stiamo parlando di cacao, caffè, platano (un tipo di banana che va consumata cotta), yucca (un tubero), curcuma, wayusa (una sorta di tisana corroborante e con buone proprietà terapeutiche) e quinoa. Uno dei problemi qui è il passaggio generazionale. I giovani faticano ad intraprendere il mestiere del contadino, mentre l’agricoltura potrebbe essere per loro un’opportunità, così da rendere meno appetibile l’emigrazione. Ma serve la tecnologia, anche per diminuire il carico di pesantezza del lavoro». «Se si riesce a garantire a quanti lavorano nell’agricoltura un reddito dignitoso – dice Scotto -, per poter curarsi, mandare i figli a scuola, allora sono disposti ad evitare il monocoltivo, salvaguardando la biodiversità e, di conseguenza, la sopravvivenza dell’ecosistema amazzonico».
«Noi usiamo un sistema di coltivazione integrato agro-forestale, sostenibile per l’ambiente, che si chiama chakra, che mette insieme numerose specie vegetali differenti: alcune spontanee, altre “addomesticate”, provenienti dalla selva, altre ancora importate dall’uomo. Importantissima – in un Paese dove molta parte è inquinata, soprattutto dai residui di una lunga storia di attività estrattiva petrolifera -, è la tracciabilità della filiera di prodotto. Speriamo che così facendo, il sistema chakra possa essere considerato dalla Fao patrimonio dell’umanità. Se in origine la coltivazione dei prodotti locali serviva solo per il sostentamento delle famiglie, oggi a questo si è aggiunta la vendita», aggiunge Augusto Salazar Yumbo, presidente di Waylla Kuri.
Le province interessate dal programma “Cadenas de Valores” sono: Sucumbíos, Orellana e Napo (Amazzonia), Manabì (Costa), Chimborazo (Sierra). Aree diverse per clima e terreno, e quindi prodotti diversi. «Il problema – continua Scotto – è che dobbiamo generare la domanda dei prodotti locali, evidenziandone le proprietà nutrizionali e l’identità culturale. Con la quinoa ci siamo riusciti. Siccome nel passato si consumava, farla rientrare non è stato difficile. E, se all’inizio la classe medio alta la snobbava perché la considerava cibo dei poveri, degli indios, oggi la trovi nei ristoranti gourmet e i primi consumatori sono proprio quelli che all’inizio la rifiutavano». Cefa lavora anche sull’uso dei prodotti locali in gastronomia. «In Ecuador – riprende Scotto – i vari prodotti avevano un monouso gastronomico e questo faceva sì che al consumatore interno fossero venuti a noia, perché dal momento della raccolta di un prodotto si mangiava solo quello e con un unico uso per giorni e giorni.

Alcune associazioni che mettono in rete i piccoli produttori sono: nella provincia del Napo, “Asociación de Carlos Julio Arosemena Tola – Tsatsayaku” (produzione e vendita di cacao, caffè e Wayusa); Aprocel, nel Cantone Lago Agrio, dove è stato installato il primo sistema a livello nazionale che utilizza biomasse residuali di essiccamento di caffè e cacao in un’essiccatrice meccanica e si sta realizzando una sperimentazione per valutare l’utilizzo di questo sistema a scala superiore associata a sistemi di essiccamento solare; Asosumaco (caffè e cacao), nella provincia di Orellana, Cantone Loreto. Interessante il fatto che include per il 60% donne, e la stessa presidente della cooperativa è una donna, Norma Siquigua, 48 anni. «Il lavoro agricolo pesa sulle spalle delle donne – afferma Norma -, che devono conciliarlo con quello familiare. Io ho sette figli, sei maschi e una femmina, di varie età, ma riesco a combinare i due impegni. Ho potuto studiare solo fino alla fine della scuola elementare, perché la mia famiglia non aveva possibilità economiche, questo lavoro per me è anche una sorta di riscatto. Mi piace il contatto con i chicchi di caffè, mentre li spolpo e li lavo. Amo il profumo che sprigionano».

© 2020 Testo e foto di Romina Gobbo
pubblicato su Daily Worker – lunedì 17 febbraio 2020