Combattere il “corona” è anche una questione culturale – Fighting the “crown” is also a cultural matter

La prima cosa che ho imparato girando un po’ di mondo è che non si devono applicare i nostri schemi mentali ad altre culture. L’ho imparato nello Zambia, a mie spese. Sono un’emicranica e avevo portato con me delle pillole che, sotto i 50 gradi, si sono letteralmente sciolte. Oggi ci chiediamo perché i vari Paesi hanno reagito diversamente rispetto al Covid-19. Non avrebbero dovuto chiudere tutto tutti? Ancora una volta si devono fare i conti con le specificità. Agli ecuadoriani è stato imposto il coprifuoco dalle 14 alle 5 del mattino, tuttavia molti non lo rispettano. Perché? Credo che popoli come quelli sudamericani, spesso tenuti sotto bavaglio da regimi dittatoriali, abbiano una gran paura di qualsiasi vincolo che possa significare un ritorno al passato. E gli Stati Uniti? Il virus sta facendo una strage. Pur nella diversità dei provvedimenti adottati, nella maggior parte dei casi, i vari Stati invitano a stare in casa, ma non sanzionano. Essendo gli americani poco “solidali” con i propri detenuti, si vuole evitare che cittadini di solito integerrimi finiscano in prigione come criminali comuni per aver fatto una passeggiata. E le contravvenzioni? No, perché in un Paese con poche garanzie contrattuali, tanti perderanno il lavoro; pertanto, per loro sarebbe gravoso pagare.

© 2020 Testo e foto di Romina Gobbo
pubblicato su Facebook e LinkedIn – martedì 14 aprile 2020

#coronavirus

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